La dolosa responsabilità delle banche e degli speculatori finanziari, degli evasori fiscali e dei corrotti e corruttori hanno fatto sì che il governo approvi, in ossequio alle direttive dell’Europa dei finanzieri, una manovra finanziaria che ricade tutta sulle spalle di chi in questi ultimi 20 anni ha sopportato i sacrifici imposti dai vari governi che si sono succeduti: i lavoratori dipendenti, i precari, i cittadini, i giovani e gli anziani, le donne e gli uomini, in generale sulla nostra gente. Ci hanno fatto fare sacrifici negli ultimi venti anni, per ridurre il debito pubblico che però è passato dal 103% al 118% del PIL. E allora, che li abbiamo fatti a fare tutti questi sacrifici, chi ci ha guadagnato? La risposta è sin troppo facile.
Dopo aver causato milioni di cassaintegrati, disoccupati e precari nel settore privato, e reso difficile le condizioni di vita di milioni di persone, la crisi investe prepotentemente il settore pubblico, individuato dal governo come bancomat su cui fare cassa. Il governo delle promesse (mai nuove tasse), taglia servizi e salari per 24 miliardi di euro.
La crisi, prodotta dalla gestione disastrosa dell’economia oramai nelle mani delle banche e della finanza internazionale ed aggravata dal forte debito pubblico, viene affrontata andando a tagliare ancora una volta i servizi pubblici, le pensioni e bloccando ora i salari dei dipendenti pubblici, e in futuro quelli privati, tagli che serviranno da una parte a coprire i debiti contratti dalle banche nella loro folle corsa speculativa e dall’altra a ripianare i buchi di bilancio prodotti dalla corruzione. Soldi che finiranno nuovamente nelle casse delle banche e della finanza, e che verranno nuovamente utilizzati per affossare le condizioni di vita di milioni di persone con altre speculazioni contro l’euro e contro le economie locali, come già fatto in Grecia. Una finanza che non ha alcuna regola, nessuna morale, solo il dio danaro è il loro credo.
I lavoratori dovranno pagare anche i costi di un sistema di corruzione che investe tutta la classe dirigente e politica del Paese: un sistema talmente radicato da far stimare alla Corte di Conti che il costo per la Pubblica Amministrazione è di 60 miliardi di euro. Soldi che gravano sulle tasche di pantalone…
Saranno migliaia e migliaia i posti letto che verranno tagliati nella sanità, la scuola si appresta a licenziare precari a decine di migliaia, verranno chiusi o privatizzati interi servizi pubblici e aumentate le tasse regionali e comunali. E così invece di far pagare i costi della crisi a chi realmente l’ha prodotta, si continuano a finanziare i veri responsabili, banche ed imperi finanziari, con il denaro pubblico e con i salari e le pensioni dei lavoratori.
Sono quindi banchieri, speculatori finanziari, dirigenti e politici corrotti, quelli che hanno dichiarato la guerra ai “fannulloni-lavoratori del pubblico impiego”, la causa del peggioramento delle condizioni materiali di vita dei lavoratori e anche del popolo sardo, e proprio le banche ed i corrotti devono essere chiaramente individuati come responsabili e nemici dei lavoratori dipendenti e pensionati.
20 ANNI DI SACRIFICI POSSONO BASTARE
ADESSO PAGHI CHI NON HA MAI PAGATO!
Alcune misure: condono mascherato consanatoria a prezzi stracciati per le case fantasma; blocco del rinnovo contrattuale 2010-2012; congelamento delle retribuzioni per 4 anni; restituzione degli incrementi eccedenti il 3,2% eventualmente previsti nei contratti 2008-09; blocco degli scatti di anzianità nella scuola e università; riduzione del 50% delle spese per la formazione del personale; riduzione del 50% delle spese per il personale a tempo determinato; riduzione del 50% delle spese per le missioni; riduzione del 5% e del 10% delle retribuzioni superiori ai 90.000 e 120.000 euro; proroga per altri 2 anni del blocco delle assunzioni; riduzione delle finestre di uscita per il pensionamento con slittamento di un anno dalla maturazione dei requisiti; donne in pensione a 65 anni dal 2016 anziché dal 2018; liquidazione pagata in ritardo ed in tre tranches. E questo oltre ai tagli ai trasferimenti alle Regioni (10 miliardi) e comuni (2 miliardi) che si ripercuoteranno pesantemente sui servizi erogati e sulle condizioni di lavoro del 1.500.000 dipendenti di Sanità ed Enti locali, e la chiusura di Enti minori.