Tutto si può dire, meno che la nostra amministrazione non sia capace si sorprenderci ogni qualvolta si presenta al tavolo negoziale (e non solo).
Nella riunione che si è tenuta il 15 dicembre 2008, indetta per individuare i criteri di corresponsione delle somme della cartolarizzazione destinate alla produttività individuale, prevista dal punto 3 dell’accordo siglato il 2 ottobre 2008 (non sottoscritto solo dalle RdB/CUB MEF), l’amministrazione si è esibita in uno spettacolo, stavolta, non solo senza vergogna ma, anche, senza una linea di condotta minimamente credibile.
Ad inizio riunione, la parte pubblica ha sottoposto alle organizzazioni sindacali un testo di accordo che individua alcune tipologie di lavoratori, in servizio presso determinati uffici, non aventi diritto alle somme derivanti dall'applicazione del comma 165 dell'art. 3 della legge 350 (UCB Salute e UCR Monopoli di Stato).
La necessità di siglare un accordo specifico su una materia normata e, pertanto, non soggetta a negoziazione, denota un comportamento astuto dell’amministrazione che, per tutelarsi, cerca la solita complicità concertativa prontamente ottenuta, questa volta, con la firma di CGIL, CISL, UNSA, ASSOMED e INTESA.
Evasa la prima pratica con la sua "messa agli atti", si è entrati nel merito dell’ordine del giorno, con la discussione della famigerata proposta di remunerazione della produttività individuale, consegnata alle organizzazioni sindacali qualche giorno fa.
L’obiettivo della proposta è semplicissimo: piena discrezionalità dei dirigenti nell’individuazione della quota del 20% di personale da premiare.
Non è altrettanto semplice, invece, la struttura della proposta, caratterizzata da alchimie aritmetiche e modalità indicative di prestazioni sostanzialmente vuote e, praticamente, inapplicabili.
Dopo il solito, ripetuto ed estenuante giro di tavolo, l’amministrazione si è ritirata in "camera di consiglio" per escogitare una nuova proposta.
Al rientro, è arrivato il colpo di scena.
La parte pubblica ha ritirato il precedente progetto di "valutazione della prestazione e delle competenze organizzative", dichiarandosi disponibile a pagare, questa quota di salario, purché siano soddisfatte le seguenti condizioni: CHE IL LAVORATORE NON ABBIA SUPERATO, IN TUTTO IL 2007, 10 GIORNI DI ASSENZA (considerando presenze solo le ferie e le festività soppresse) e che ci sia il contemporaneo avvio, con le parti sociali, delle procedure per l'individuazione di criteri rigidi di produttività individuale, a partire dal 2009, da applicare su tutte le ripartizioni di fondi di salario accessorio.
Quindi, dall'intenzione di "rilevare i risultati migliori, riconoscerli e premiarli", "favorire un processo di comunicazione tra il capo e i collaboratori sulle aspettative e sugli obiettivi dell'ufficio nonché sulle aree di miglioramento individuali", certamente frutto di giorni di faticoso lavoro e di rapporti metafisici interdipartimentali, in dieci minuti, l'amministrazione è approdata all'art. 71 della legge 133/08, i famosi 10 GIORNI DI BRUNETTA !
In breve, l'intento è sempre lo stesso, comunque lo si tenti di camuffare: escludere dal pagamento quanti più lavoratori possibile.
Tralasciamo, per sintesi, il resoconto della discussione sviluppatasi, limitandoci a riferire che non si è concluso nulla se non un generico impegno a rivedersi a metà gennaio 2009.
In questo quadro desolante, la nostra delegazione è stata l’unica a parlare di lavoratori, bisogni sociali, crisi economica e salario.
Ed è stata anche l'unica organizzazione sindacale a formulare una proposta concreta e di immediata applicazione: la distribuzione, a tutto il personale, delle somme in questione; la compensazione per quei lavoratori che, grazie all'inettitudine dei dirigenti, non hanno raggiunto l'obiettivo dell'ufficio e si sono visti decurtare il salario aggiuntivo; il pagamento delle somme accantonate per l'assistenza ai portatori di handicap, le assenze per infortuni sul lavoro o per causa di servizio, i permessi e distacchi sindacali, i permessi RSU.
Insomma, più potere d'acquisto per il rilancio dei consumi.
La RdB/CUB MEF ha anche denunciato pesantemente le ipotesi classiste dell’amministrazione che, coscientemente o incoscientemente (poco importa), non ha neppure valutato l'impatto economico delle proposte presentate: infatti, se nella prima ipotesi avrebbe distribuito, dopo la sottoposizione "dell'impiegato" al giudizio discrezionale del "capo", quote di salario di tutti i lavoratori ad un paio di migliaia di colleghi, nella seconda ipotesi, i fortunati vincitori del bingo, si sarebbero ridotti al massimo a qualche centinaio, con una "vagonata" di soldi.
C’è da aggiungere, infine, che questa amministrazione non ha neppure adempiuto a quanto richiesto dalla nostra organizzazione sindacale, in merito alla consegna di una relazione tecnica relativa ai pagamenti effettuati e alle somme accantonate.
L'amministrazione si è risentita dell' aggettivazione "senza vergogna" utilizzata nell'ultima nostra informativa sindacale.
Il suo atteggiamento, però, non lascia alcun margine di ripensamento.