Nel “famoso e perfetto” stabile di Via dei Normanni dove è allocata anche la Commissione Tributaria Provinciale di Roma, di cui abbiamo dovuto parlare anche ieri con il comunicato “Bello ma… (sempre più) fracico”, ci sono, ovviamente, anche archivi sotterranei “perfetti”.
Così sono stati definiti nel corso della riunione periodica dai dirigenti presenti: essi sono spaziosi, forniti di scale a norma (quelle a castello, per esempio, indicate proprio per l’attività che vi si svolge e che prevede la movimentazione di faldoni di udienza), con i faldoni perfettamente posizionati sugli scaffali ivi installati senza l’utilizzo del quinto ripiano e di quello a livello del calpestio, dotati perfino di un telefono da utilizzarsi in caso di emergenza!
Essi peraltro sono oggetto di continui interventi finalizzati a liberarli mediante il trasferimento dei fascicoli definiti nell’archivio esterno per cui sono sempre, appunto, perfetti. Talmente perfetti che non sono neppure stati oggetto di alcuna trattazione specifica nel Documento di valutazione dei rischi appena adottato dal Datore di Lavoro dott. Luigi Ferrara.
Peccato che le immagini pervenute a questa Organizzazione Sindacale in data odierna dimostrino, guarda caso, il contrario!
Sono infatti talmente diversi dalla descrizione fattane che chiunque dotato di occhi per vedere non può che inorridire. Le continue segnalazioni in merito alla loro inadeguatezza in relazione al fabbisogno di un ufficio giudiziario quale è la Commissione Tributaria Provinciale di Roma, la loro frammentazione che comporta il continuo andirivieni da parte dei lavoratori per far fronte alle richieste dell’utenza, le pessime condizioni microclimatiche che determinano estremo disagio ad accedervi in estate per il caldo soffocante dovuto all’assenza di climatizzazione ed in inverno per il freddo gelido perché privi di riscaldamento, l’assenza di piani di appoggio solo parzialmente risolta con tavolinetti di risulta, la presenza di sedie ingombranti quasi fossero un magazzino, l’esistenza di decine e decine di faldoni appoggiati a terra (perché non c’è più spazio per collocarli correttamente sugli scaffali) che costituiscono un serissimo pericolo di inciampo per i lavoratori, l’assenza di un telefono per comunicare eventuali malori o situazioni di emergenza a chicchessia… niente di tutto questo è stato minimamente preso in considerazione da chi considera la sicurezza sul lavoro non un valore da coltivare e difendere ma solo una fastidiosa prassi burocratica da espletare considerando ogni tipo di segnalazione di criticità come una mera “argomentazione pretestuosa”.
Eppure alcune di queste problematiche erano già state oggetto di attenzione da parte del precedente RSPP il quale testualmente, alla pag. 4 del Verbale di Attività, ha scritto: “Si consiglia di installare un telefono di emergenza o pulsanti all’ingresso degli archivi direttamente collegati con la portineria al fine di segnalare uno stato emergenziale di qualsiasi natura”.
Il Datore di Lavoro ha, in definitiva, utilizzato denaro pubblico per commissionare il lavoro di rilevazione di alcune delle suesposte criticità per poi non trasfonderle nel suddetto DVR e non realizzare nessuna delle indicazioni ricevute.
In considerazione, poi, del ruolo del RSPP (incarico fiduciario conferito dal Datore di lavoro) è come dire che il Datore di lavoro non ha realizzato le cose che ha detto a sé stesso di effettuare.
Siamo, com’è evidente, all’assurdo. Il tutto con sperpero di denaro pubblico ma soprattutto con il risultato di mettere a rischio l’incolumità fisica dei lavoratori.
Questa volta, però, non si tratta della pessimistica previsione dei soliti visionari o dell’ennesima argomentazione pretestuosa perché proprio ieri una lavoratrice, mentre movimentava dei fascicoli, ha purtroppo subito un infortunio in un archivio sotterraneo a causa del mancato rispetto, da parte dell’amministrazione, delle più elementari norme in materia di sicurezza sul lavoro. E infatti oggi, soltanto oggi, la stessa amministrazione ha comunicato che “Gli archivi posti al piano ammezzato (lato udienze), presso le stanze A106 e A186, sono stati chiusi per ragioni di sicurezza, nell’attesa del completamento delle operazioni di ritiro dei ricorsi decisi nel corso del 2015, per la spedizione al deposito di Fiano Romano.”
Mentre rivolgiamo alla lavoratrice i nostri migliori auguri di pronta guarigione, non possiamo non stigmatizzare il comportamento intollerabile tenuto dall’amministrazione del MEF nei confronti di quelle stesse persone che dovrebbe, per norma morale prima ancora che per obbligo giuridico, tutelare.
Ovviamente ci riserviamo ogni altra azione mirante all’accertamento delle responsabilità per quanto accaduto perché crediamo che la salvaguardia della salute dei lavoratori costituisca una priorità assoluta per la nostra Organizzazione Sindacale.
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