Editoriale
Il 18 ottobre la Confederazione USB ha proclamato lo sciopero generale insieme a Confederazione Cobas e Cub.
Fra le prime voci su cui si appoggia la dichiarazione troviamo: il rinnovo dei contratti, l’aumento di salari e pensioni e la riduzione dell’orario di lavoro.
Il tutto in aperto contrasto con le politiche di austerità in Italia e in Europa.
Bastano questi pochi enunciati per dichiarare apertamente da che parte stiamo e dove riteniamo si debbano orientare le scelte politiche e economiche nel nostro Paese e non solo. L’altra considerazione riguarda la capacità di intervento che i soggetti promotori dello sciopero possono e debbono mettere in campo.
Mettendo insieme questi due aspetti si può giungere a una sola conclusione: lo sciopero deve essere veramente di tutte le realtà del mondo del lavoro; è indispensabile che il segnale di partecipazione a questa lotta arrivi da tutti coloro che ambiscono a far parte del mondo del lavoro e che oggi si vedono costretti dalle molteplici forme di contratti ”atipici”; il segnale di opposizione deve giungere da tutte quelle associazioni e forme di lotta organizzata, dai quartieri alle città fino a tutto i territorio nazionale, che si battono quotidianamente per cambiare il pensiero unico che ci governa da troppi anni ormai.
A questo punto, come ferrovieri, rispondiamo a quei colleghi che ci chiedono perché aderire a uno sciopero nazionale generale, considerata la”particolarità”dei problemi del nostro comparto, utilizzando la premessa appena svolta nelle considerazioni iniziali: da questo stato di cose non si esce”solo”come ferrovieri o come lavoratori dei trasporti.
Le forme organizzate e strutturate di pressione che sono riuscite in questi anni a attaccare diritti, salari e tempi di lavoro e di vita dei ferrovieri sono le stesse che hanno aggredito il comparto dei trasporti, così come quello dell’industria e più in generale del lavoro privato. Senza dimenticare il pubblico impiego. E chi per il mondo del lavoro non esiste nemmeno perché sommerso, in nero o perché prossimo alla schiavitù come nel caso dei migranti.
Le risposte dei ferrovieri devono passare attraverso quelle degli altri lavoratori. O addirittura anche attraverso quelle dei non-lavoratori, dei disoccupati e sottocupati, del popolo delle partite IVA, degli stagisti e degli occasionali che esistono nelle nostre realtà familiari, fra le nostre amicizie, nei nostri condomini, nella porta accanto, nel nostro collega di lavoro esodato o cassaintegrato.
Da questa crisi e da questa deriva possiamo provarne a uscire solo tutti insieme; nessun tentativo isolato ci salverà.
Indice
- Disastro di Santiago
- Pensioni e allungamento della vita
- Un caldo inverno
- Professionalità
- Sciopero regionale Emilia Romagna
- Pillole & News
- Trenitalia, inchiesta della procura sul macchinista unico ai comandi
- Moretti pronto per la privatizzazione
- Vettori tedeschi pronti a rilanciare sulle merci
- Sicurezza: le FFS ora investono
- Licenziamenti collettivi in Calabria
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- Dumb ways to die