Il concorso per i duemila passaggi in terza area vede ancora penosamente trascinarsi il “confronto” e ora anche le polemiche endosindacali dopo il primo accordo risalente al luglio 2007, cioè a circa quattro anni fa. Questa è l’unica verità incontestabile che pesa come un macigno e che i lavoratori avvertono al di là delle sterili polemiche. Che l’amministrazione si incazzi per le nostre metafore o che alle nostre richieste di mettere all’ordine del giorno il mancato avvio della procedura dopo quattro anni, segua un imbarazzato silenzio o ancora più imbarazzanti interventi sindacali, sinceramente ci importa poco. Ovvio che si provi a buttarla in caciara.
Potremmo scrivere un quintale di comunicati per ricostruire anno dopo anno le ragioni di questa situazione, partendo da un passato nel quale furono fatte scelte sbagliate che la nostra sigla, allora RdB e oggi USB non condivise ravvisandone i rischi. Quei rischi oggi sono alla base delle difficoltà che impediscono l’avvio di una procedura che permetterebbe l’unica progressione verticale mai realizzata nella nostra Agenzia. Una gestione più lineare e trasparente del diritto alla carriera, avrebbe risolto i problemi di tutti, e innanzitutto dei lavoratori. Oggi il diritto alla carriera alle Entrate è un groviglio di ricorsi, aspettative deluse e rabbia malcelata. Da tempo sollecitiamo soluzioni, indicando concretamente quali vie potrebbero essere percorse. Altrove analoghe vicende sono state risolte con scelte chiare e politicamente forti. Uno di questi “altrove” è il MEF, epicentro di molte delle scelte tecnico-politiche che ricadono anche sulle Agenzie Fiscali.
Non siamo innamorati dei tecnicismi. Non ci importa se la soluzione per lo sblocco della procedura arrivi per via legislativa (strada ardua che ad oggi ci risulta non essere praticata) o per via contrattuale, attraverso l’estensione a questo caso specifico di vecchie norme contrattuali con cui in passato si risolsero altre vicende, come quella dei riqualificati. Ci limitiamo a suggerire che altre amministrazioni hanno risolto la questione, almeno stando al presente, praticando una terza via, quella dell’esercizio del potere di autotutela che noi invocammo quando l’amministrazione pose la questione del rischio retrocessioni. Questa via ha il pregio di non dipendere né dal Parlamento, né dalla Funzione Pubblica. Risponde semplicemente alla logica del “volere è potere”. E questo è il punto cruciale. La soluzione dell’autotutela l’abbiamo espressa prima che altri la adottassero e da ultimo l’abbiamo rievocata al tavolo negoziale del 19 aprile 2011. Questo per rispondere a chi ci ha chiesto di esplicitare le nostre soluzioni e che forse si è distratto nel momento in cui abbiamo tirato fuori per l’ennesima volta la nostra proposta.
Al tavolo sindacale per noi non ci sono né amici né nemici, ci sono solo controparti. E oggi sollecitiamo ancora una volta tutte le controparti ad aprire un confronto costruttivo per uscire dal vicolo cieco in cui la procedura è finita. Lo facciamo con la consapevolezza che far partire il concorso per i duemila passaggi alla terza area è possibile senza ledere i diritti acquisiti e le legittime aspettative dei lavoratori. La soluzione va trovata in quello spazio angusto ma percorribile che si trova fra le possibilità tecniche (che ci sono) e le volontà politiche (che vanno verificate).
L’unica cosa che evitiamo accuratamente di fare è buttarla in caciara. Sarebbe un pessimo servizio reso ai lavoratori che giudicano i fatti, non le chiacchiere. Ed è sui fatti e dai fatti che verremo giudicati, anche se e quando si terranno le elezioni per il rinnovo delle RSU.
Aderente
alla FSM