Epolis
di Marta Rossi
Mosaici a terra, travi a vista sul soffitto e calcinacci ovunque. La porta che apre al mondo del centro sociale Horus non chiude bene, ma è ben sorvegliata. Fuori, c'è la vita che scorre attorno a piazza Sempione, il 60 che carica e scarica persone alla banchina, i negozi, il traffico, il parcheggio. Dentro, è appena iniziata la seconda vita dell'Horus. È cominciata lo scorso 12 dicembre, quando i ragazzi del centro sociale sgomberato a ottobre, hanno rioccupato lo spazio. «Ora lo stiamo sistemando - raccontano i ragazzi che animano il centro sociale - ma ci vorranno tanti soldi: per questo stiamo organizzando serate di autofinanziamento». Attorno al tavolo della “loggia” di quello che era un teatro, uno spazio culturale con cupola che si apriva al cielo, accanto a loro, ci sono Luciano, Antonio e tanti altri piccoli e grandi nuclei familiari che hanno lasciato martedì scorso la casa di via delle Vigne Nuove (perché appena acquistata da due famiglie) e si sono trasferiti all'Horus. Luciano aveva occupato perché non ha un posto dove stare. Antonio, con madre disabile a carico non ce la fa più a pagare l'affitto di casa, gli alimenti alla ex moglie e al figlio che non sta bene: «Guadagno 800 euro al mese con una cooperativa di Trambus. Ne pago solo di affitto 600. Non ce la faccio più». Altri due, con un punteggio di 8 nella graduatoria per la casa popolare, prima di Vigne Nuove vivevano in auto. Con 250 euro di pensione di invalidità. Poi ancora, Anna, di 74 anni e senza un tetto, Paolo con tre figli anche lui con un recente passato di vita in automobile, una ragazza madre con il bambino di due anni. Il tratto comune è un passato di sfratti. Il presente è un materassino all'Horus. Il futuro è un'incognita. «Lo spazio pubblico dell'Horus è regalato alla città, deve stare nel quartiere e in caso di emergenza anche trasformarsi in tetto». In un anno di “censimenton dal basso” i Blocchi precari metropolitani hanno contato 27mila case vuote in tutta Roma. «Se lo abbiamo fatto noi, ce la possono fare anche le istituzioni. Quella è la soluzione all'emergenza casa perché quelli sono immobili regalati alla speculazione».