Comunicato stampa
A circa 5.000 lavoratori e rispettive famiglie, per 17 lunghi anni, sono stati rubati dignità, futuro e tranquillità.
Oggi, dopo tutti questi anni, i lavoratori, precari a vita e senza certezze, sono stati scaricati dal Governo Nazionale e da quello regionale della Calabria.
Già dal 15 luglio, infatti, si erano visti decurtare lo stipendio di ben 300 euro, a fronte dei miseri 800 percepiti fino ad allora; percepiti non quale sussidio di sopravvivenza, ma quale magra retribuzione per mandare avanti, con impegno costante e continuo, la macchina burocratica dei vari enti ai quali sono stati adibiti e che senza di loro non sarebbero in grado di garantire i servizi essenziali per i cittadini; dal 31 agosto poi, continuano a lavorare sulla fiducia, visto che non stanno percependo reddito e che attendono di sapere se e quando saranno pagati!
Intanto, il tavolo tecnico nazionale per la risoluzione del problema, unico impegno strappato grazie alle tante lotte dei lavoratori e di USB (il solo sindacato sempre al loro fianco), sembra essere svanito nell’aria, per cui il futuro dei lavoratori pare avere sempre più una scadenza ben precisa: il 31 dicembre, allo scadere delle convenzioni.
Per queste ragioni, ora più che mai, è arrivato il momento di dire
BASTA!
BASTA alle eterne promesse del governatore Scopelliti, BASTA agli impegni presi e mai mantenuti dell’assessore regionale al lavoro, BASTA alle tante “bufale” raccontate dai sindacalisti di comodo che fanno soltanto i pompieri per tenere buoni i lavoratori, BASTA, ADESSO BASTA!!!!
La Federazione regionale USB Calabria, proclama lo stato di agitazione ed invita tutti i lavoratori alla sospensione immediata di tutti i servizi a tempo indeterminato e all’organizzazione di assemblee permanenti sui posti di lavoro.
USB Calabria, propone, inoltre una giornata di sciopero regionale per il prossimo 11 novembre, che non sarà la conclusione della mobilitazione, ma l’inizio di nuove e sempre più decise azioni per difendere il lavoro, la dignità ed il diritto alla vita di 5.000 lavoratori e delle loro famiglie.
Questa volta, però, occorrerà andare fino in fondo. Noi ci siamo e voi?