Le continue campagne diffamatorie nei confronti dei dipendenti pubblici additati al pubblico ludibrio, nascondono in realtà una volontà politica “liquidatoria” della pubblica amministrazione, delle sue funzioni e dei servizi che garantisce alla collettività.
Additare allo scandalo poche decine di casi clamorosi, peraltro sanzionabili e sanzionati da magistratura e dirigenza, come elemento di valutazione generale di oltre 3.500.000 dipendenti pubblici che LAVORANO:
o In condizioni di sott’organico ormai strutturale grazie ai ripetuti blocchi di assunzioni e turn over.
o Sprovvisti dei più elementari strumenti di lavoro, come carta, fotocopiatrici, garze, siringhe…
o Con procedure e regolamenti che, qualora applicati alla lettera, paralizzerebbero la pubblica amministrazione, tanto che la loro applicazione “alla lettera” è considerata forma di lotta.
o Con una normativa di legge disparata, ripetitiva e sovrabbondante.
o Assumendosi la responsabilità di operare fuori dai regolamenti e dalle proprie mansioni per garantire servizi a quella stessa utenza che viene loro scagliata contro attraverso le campagne diffamatorie ed i disservizi strutturali attribuiti invece ai dipendenti.
o Con carichi di lavoro spesso insopportabili, organizzazione del lavoro improvvisata e salari vicini alla soglia di povertà.
Tutto questo senza voler incidere, viceversa su una reale razionalizzazione delle spese finalizzata ad offrire servizi migliori. Per far questo bisogna intervenire su:
o Consulenze faraoniche e inutili o addirittura dannose.
o Appalti fuori controllo e senza verifica della qualità delle prestazioni erogate.
o Esternalizzazioni di intere funzioni pubbliche e servizi senza possibilità di verifica qualitativa e di costo reale e non solo formale.
o Acquisti di pessima qualità e convenienti solo per chi vende.
Tutto questo non può essere solo frutto di cecità o stupidità: sotto c’è qualcos’altro, come denunciamo ormai da anni.
Qual è il vero obiettivo di questi professionisti della denigrazione del pubblico dipendente, ormai diventato un vero e proprio ceto intellettuale, che si autoalimenta anche in termini di guadagni sostanziosi? Perché in questo Paese denunciare come funziona la pubblica amministrazione è oggetto di procedimento disciplinare e denuncia per diffamazione e lesione di immagine, se a denunciare è un dipendente pubblico, mentre diffamare, senza prova alcuna, 3.500.000 dipendenti pubblici non comporta alcun reato ?
E’ un principio strano per chi si propone come riformatore!
È ormai giunta l’ora di scoprire le carte e passare dagli insulti alle verifiche, dalle parole alle intenzioni reali denunciando QUAL’E’ IL VERO MODELLO DI AMMINISTRAZIONE PUBBLICA CHE HANNO IN MENTE. Perché è ora che tutti comprendano dove ci porta la strategia adottata fin qui: siamo stanchi di offese e parole. Gli interventi frammentari adottati finora sull’onda degli umori di un’ opinione pubblica ingannevolmente orientata, hanno ulteriormente peggiorato la condizione lavorativa, umana e professionale dei dipendenti pubblici.
Alle giuste istanze avanzate si risponde con inasprimento dei codici disciplinari, con il mito del licenziamento facile, e con la grande intuizione della produttività come parametro di valutazione funzionale. È tempo di dire PER FARE COSA BISOGNA ESSERE PRODUTTIVI, QUAL’E’ L’OBIETTIVO E LA MISSION CHE SI VUOLE RISERVARE ALLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE.
Nella realtà, senza chiarezza rispetto al modello e alla strategia, il mito della produttività serve solo a nascondere una feroce flessibilità lavorativa, professionale, contrattuale, salariale, normativa. Vale a dire rendere precarie le condizioni di vita e di lavoro dei dipendenti pubblici e diminuire i servizi forniti ai cittadini.
L’attacco alla nostra Organizzazione definita conservatrice è sintomatico, perché siamo il sindacato indipendente che non rinuncia al proprio ruolo di difesa dei lavoratori.
SIAMO CONSERVATORI, CONSERVATORI DELLA DIGNITA’, DELLE GARANZIE, DEL SALARIO, DEL RUOLO SOCIALE, DELLA PROFESSIONALITA’ DEI DIPENDENTI PUBBLICI; CONSERVATORI DELLE FUNZIONI E DELLE GARANZIE CHE UNA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE EFFICIENTE DEVE FORNIRE ALLA COLLETTIVITA’.
Abbiamo sempre lottato per una pubblica amministrazione efficiente, ma non efficientista, perché abbiamo un’idea di ruolo e funzione della pubblica amministrazione come elemento di garanzia dello stato sociale, dei diritti universali e collettivi, delle funzioni sociali dello Stato.
Se la colpa di quanto non va viene attribuita ad una dirigenza inefficiente, si abbia il coraggio di portare questa critica fino in fondo: LA VERA DIRIGENZA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (ATTRAVERSO LEGGI, REGOLAMENTI, DISPOSIZIONI) E’ QUELLA STESSA CLASSE POLITICA CHE OGGI DISCONOSCE IL PROPRIO OPERATO TENTANDO DI DARE LA RESPONSABILITA’ AI DIPENDENTI PUBBLICI.
Non è difficile pensare che non possiamo accettare tutto questo e lo dimostreremo, come sempre!
PREPARIAMO UNA GIORNATA NAZIONALE DI MOBILITAZIONE DEL PUBBLICO IMPIEGO NEL MESE DI GIUGNO.
RIFORMA DELLA CONTRATTAZIONE
CGIL CISL UIL APPROVANO
LA DEVASTAZIONE DEL MONDO DEL LAVORO
Con l’approvazione del documento di proposta della riforma della contrattazione, CGIL CISL UIL sanciscono la piena adesione ai processi di devastazione del mondo del lavoro, dando il via ad una vera e propria catastrofe sociale in nome di un riformismo che è solo liberismo mascherato.
CHE COSA CI PROPONGONO CGIL CISL UIL ?
Un nuovo modello contrattuale valido sia per il settore privato che per il pubblico, concordato però unicamente con Confindustria. Si sancisce, se ancora non fosse chiaro, la totale subordinazione della pubblica amministrazione alle esigenze dell’impresa. Quello che rimane è il peggio del pubblico a cui si aggiunge il peggio del privato.
In cambio della morte del contratto nazionale, CGIL, CISL e UIL chiedono di contare di più nelle scelte generali, vale a dire “vi vendiamo i lavoratori ma fateci stare all’interno del sistema decisionale che governa l’economia”. A questo mira quello che viene definito il livello generale della contrattazione.
Quindi si prospetta il nuovo modello che prevede due livelli contrattuali : uno nazionale, l’altro di secondo livello.
CONTRATTO NAZIONALE (C.C.N.L.):
diventa lo strumento regolatore dei sistemi contrattuali a livello di singolo comparto e definisce le competenze del secondo livello di contrattazione.
CONTRATTAZIONE DI SECONDO LIVELLO:
assume un rilievo di notevole importanza, assorbendo in maniera sostanziale istituti da sempre riservati ai contratti nazionali.
Può essere AZIENDALE o, alternativamente, TERRITORIALE, una mediazione che consente ai datori di lavoro di scegliere quale sia il livello più idoneo alle loro esigenze. Ma non basta.
Il livello territoriale può essere : REGIONALE, PROVINCIALE, SETTORIALE, DI FILIERA, DI COMPARTO, DI DISTRETTO, DI SITO. Come se ciò non bastasse la cosiddetta CONTRATTAZIONE ACCRESCITIVA, vale a dire gli incrementi salariali saranno legati a produttività, qualità, redditività, efficienza, efficacia. Solo salario variabile affidato a parametri oggettivamente non misurabili, quindi con un ampio spettro di discrezionalità.
In sostanza con il documento concordato da CGIL CISL e UIL, oltre a svuotare di contenuti il contratto nazionale di lavoro, prevede:
1. UN MODELLO UNICO PER PUBBLICO E PRIVATO.
2. RAZIONALIZZAZIONE DELLE AREE CONTRATTUALI CON L’UNIFICAZIONE DEGLI ATTUALI COMPARTI (400) SOTTO LA SUPERVISIONE DEL CNEL, un’operazione che diventa devastante, perché in essa possiamo leggere la volontà di accorpamento degli attuali comparti con ricadute sulla rappresentatività sindacale.
3. INCREMENTI SALARIALI BASATI SU “ INFLAZIONE REALISTICAMENTE PREVEDIBILE “ una formula per dire che tutto rimane invariato e gli incrementi salariali non si distaccano dalla vecchia inflazione programmata. Viene definitivamente abbandonata qualsiasi ipotesi di indicizzazione dei salari all’inflazione (Scala Mobile).
4. VALENZA TRIENNALE, che, facendo combaciare parte economica e parte normativa, allunga i tempi del recupero salariale che il biennio parzialmente in qualche modo arginava.
DEMOCRAZIA E RAPPRESENTATIVITA’
Il CNEL diventa l’organismo di certificazione della rappresentatività rivista su base pattizia e non più legislativa. Quindi modificabile a seconda delle esigenze e delle problematiche padronali e di Cgil, Cisl e Uil.
Per il pubblico si conferma l’accordo del ‘98 con l’attuale impianto delle rsu; per il privato si riconferma l’accordo del ‘93 con la riserva del 33% nelle rsu, a fronte della generalizzazione delle elezioni rsu in tutti gli ambiti finora esclusi.
La riforma della governance degli enti previdenziali viene chiesta in chiave elettiva per poter essere eventualmente utilizzata come ulteriore parametro per la misurazione della rappresentatività.
Le modalità previste per gli accordi confederali e di categoria non presentano niente di nuovo sotto il cielo.