Il recente provvedimento del Governo Berlusconi in materia di lavoro, meglio conosciuto come collegato al lavoro, si configura come uno degli attacchi più violenti degli ultimi anni contro i diritti dei lavoratori. Licenziamenti più facili, superamento dei contratti collettivi attraverso l’introduzione di fatto dei contratti individuali, riduzione delle sanzioni per le aziende in caso di lavoro nero o infrazione dell’orario di lavoro, queste sono solo alcune misure di carattere generale contenute in questo provvedimento che rappresenta la risposta alla crisi concepita tutta dal punto di vista padronale e che va a colpire tutto il mondo del lavoro, lavoratori di ruolo, precari, licenziati, riducendo una rete di garanzie e diritti spesso già insufficiente nei fatti e che oggi viene formalmente smantellata.
Come se non bastasse, si preannunciano ulteriori interventi in materia a partire dalla modifica dello statuto dei lavoratori che il ministro Sacconi intende trasformare in statuto dei lavori.
Anche in questa occasione il Governo non ha mancato di riservare una particolare attenzione per il pubblico impiego inserendo poche norme, ma decisamente significative che riducono ulteriormente i diritti dei pubblici dipendenti arrivando a rendere estremamente concreta la possibilità di licenziamenti funzionali allo smantellamento della Pubblica Amministrazione.
Oltre a dare la possibilità alle Amministrazioni di revocare la concessione della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale già adottati, due sono le norme più rilevanti.
La prima interviene sulla legge 104/92 che è quella che dà la possibilità di usufruire di permessi (tre giorni mensili) per assistere familiari che vivono una condizione di invalidità. Il provvedimento restringe ai parenti di secondo grado coloro che possono accedere a questa possibilità, estendendola al terzo grado di parentela solo se gli altri parenti hanno superato i 65 anni o sono affetti da patologie invalidanti o sono deceduti; l’avvicinamento della sede di lavoro si può chiedere solo rispetto al domicilio dell’invalido; infine si rende esplicito ciò che spesso era oggetto di interpretazioni e cioè che i permessi sono utilizzabili da un solo lavoratore per ogni familiare invalido.
L’ennesima restrizione che diventa ancora più odiosa di altre perché va ad interessare una sfera delicatissima e nella quale lo Stato è palesemente latitante tanto da appaltare ai familiari l’assistenza delle persone invalide piuttosto che assumersene direttamente la responsabilità. Dopo la persecuzione di coloro che hanno la sfortuna di ammalarsi e che devono andare ugualmente a lavorare per non vedersi diminuire il già misero salario, adesso chi vive il dramma di avere familiari invalidi dovrà prendere le ferie per poterli assistere.
La seconda norma, per certi aspetti più pericolosa, riguarda invece la messa in mobilità, già prevista dal D.Lgs.165, che però viene in questo provvedimento collegata alla possibilità di trasferimento di funzioni statali agli enti locali (deriva federalista) o di esternalizzazione di servizi. Di fatto si introduce nella pubblica amministrazione una sorta di cessione di ramo d’azienda determinando per i lavoratori considerati in esubero la concreta possibilità di essere licenziati. Lo Stato continua a dismettere competenze in favore dei privati o delle autonomie locali realizzando in un caso lo smantellamento del Pubblico e nell’altro un Paese che viaggia a diverse velocità. In entrambi i casi i primi a pagare saranno i lavoratori della Pubblica Amministrazione.
Complessivamente, nel silenzio delle organizzazioni sindacali collaborazioniste, continua l’opera di disfacimento della Pubblica Amministrazione contestualmente a quella di devastazione dei diritti dei pubblici dipendenti, nell’ambito più generale di un attacco ai lavoratori ai loro diritti, alle loro condizioni di vita, alla loro dignità.