Liberazione
Claudio Jampaglia
Milano vicina all’America. Almeno nel trend pignoramenti del caro-mutuo. Gli Usa si avviano a toccare un record trentennale (allora era la crisi petrolifera) con il 2,75% delle case pignorate sul monte mutui contratto in tutti gli States e Milano non sta meglio. Anzi. Perché in Usa si sconta la crisi dei mutui cartolarizzati dalle finanziarie (i subprime che rappresentano il 36% dei nuovi pignoramenti), mentre nell’italica capitale economica d’un tempo aumentano i pignoramenti tout court: +18% nei primi otto mesi dell’anno secondo i dati del Tribunale di Milano. E quasi 2mila ‘proprietari’ hanno detto bye bye alla loro casa per insolvenza o altri accidenti economici a favore per lo più di banche.
Secondo l’Istat sono il 14,5% gli italiani con un prestito da onorare sul proprio immobile. Milioni. Molti sarebbero anche pronti a vendere e una ricerca di Tecnoborsa (Unioncamere), riportata ieri dalle pagine locali del Corsera, stima che il 46% delle case in vendita siano proprio a scopo di rientro: c’è bisogno di soldi. Erano il 30% solo un anno fa. La stragrande maggioranza sarebbero famiglie che si erano assicurate una seconda casa grazie a un mutuo come investimento rifugio (una rendita da affitto). E spesso vendono peggio di quanto speso per l’acquisto. Gli acquirenti privati sono pochi e si sono fatti più accorti. Rimangono le immobiliari che pagano meno e tengono il mercato. Va peggio per chi si gioca la prima abitazione. Colpa della crisi generale? Clima di sfiducia? Dall’inizio di settembre tutti i mutuatari italiani a tasso variabile dovrebbero aver ricevuto la proposta di rinegoziazione figlia dell’accordo Tremonti-Abi a cui hanno entusiasticamente aderito le 200 banche italiane. Morale: se il mutuo è nei primi anni ed è mediamente lungo il rischio è di pagarlo all’infinito o di pagare due mutui contemporaneamente. La rinegoziazione è il passaggio a un tasso fisso tarato sul 2006, la differenza col vecchio mutuo variabile viene imputata a un conto bancario. Finito di pagare il nuovo mutuo rimane da rientrare nel conto più gli interessi. In sostanza non c’è nessuno sconto o risparmio per il cliente, solo un allungamento, una diluzione nel tempo del debito. C’è gente disperata che lo fa. Ma conviene? «La rinegoziazione è la soluzione per chi sta per perdere la casa e non può pagare una rata per esempio di 900 euro ma può far fronte a una rata più leggera di 750 euro», spiegano dall’Adusbef. E allora che fare? Cambiare banca con la surrogazione che «c’era già prima della Convenzione Abi-Tremonti – consigliano all’Adusbef – è molto più conveniente e può essere fatta più volte». Aridatece Bersani! Lui sì che era per il mercato.
Il problema è che sull’affitto, le cose non vanno meglio. Se, infatti, secondo Borsa Immobiliare i prezzi all’acquisto ‘rallentano’ (+0,3% nei primi sei mesi 2008, ma dal 1998 hanno incassato un +103,5% che ha portato il prezzo del metro quadro a Milano a una media di 4517 euro, il triplo nelle zone vip, la metà in periferia, una media di 1759 euro in provincia), gli affitti non mollano: circa 204 euro al metro quadrato anno in media per i 384mila milanesi che hanno intestato un contratto registrato ovvero 16mila e rotti euro anno per un appartamento di 80 mq. La conferma arriva dall’indagine di luglio sul caro affitti nazionale del Sunia che denuncia un 5% di rincaro nazionale da gennaio del 2008. Di fatto, le famiglie italiane con redditi al di sotto dei 22mila euro annui sono completamente escluse dal mercato della casa delle grandi città, Milano e Roma in testa. Sarà un caso, ma ormai a Milano oltre il 70% degli sfratti in esecuzione è per morosità. E non è solo questione di grande metropoli perché lo stesso vale per tutta la Lombardia (5mila ‘morosi’ su 6200 sfrattati) e soprattutto in città come Brescia e Varese. Il ritratto degli sfrattati? Secondo il Sunia: famiglie monoreddito con minori o persone anziane a carico.
E il peggio arriverà in autunno. Perché oltre ai nuovi ‘senza casa’ a metà ottobre scadrà la proroga del governo Prodi ai circa duemila sfrattati in grave disagio sociale o abitativo. A loro era destinata una parte dei 550 milioni del piano casa nazionale Ferrero- Di Pietro del 2007 (circa 12mila alloggi da recuperare in tutte le grandi città) ora interamente riassorbiti dal piano Berlusconi che costa 800 milioni e prevede solo nuove costruzioni, quando e come non si sa (cancellati anche 250 di euro per i contratti quartiere). «Il governo scippa i fondi del governo Prodi e da metà ottobre butta gli sfrattati in mezzo alla strada», denuncia Stefano Chiappelli segretario milanese del Sunia, «e il Comune di Milano rischia di perdere i circa 750 alloggi previsti dal piano di recupero, chi pagherà ora?». La parola alla sindaca Moratti che nel dubbio ha continuato come i suoi predecessori a ridurre il Fondo Sostegno Affitti. «Ci aspettiamo quest’anno un numero di domande d’aiuto almeno pari a quello dell’anno scorso – ci spiega Marco Pitzen del Sicet milanese- ovvero 65mila richiedenti che si vedranno il sussidio tagliato del 25% perché i fondi non ci sono». Eppure, secondo i calcoli del Sicet, Stato, regione e Comune per fare funzionare il Fondo dovrebbero versare circa 200 milioni di euro in tutto. Non siamo alla metà. «L’unica strada è cambiare la legge sugli affitti – conclude Pitzen- abolire i contratti a libero mercato e lasciare ai soli contratti a regime di ‘canone concordato o agevolato’ il compito di moderare, con gli Accordi Locali, il livello dei canoni d’affitto nel mercato delle locazioni private». In attesa…il governo ha già indicato alle Regioni cosa fare con i patrimoni di residenza pubblica: venderli ai privati. Per costruire nuova residenza. Un bel regalo ai costruttori, commenta l’Unione Inquilini, in un paese che ha un patrimonio residenziale pubblico fermo al 4% contro il 20% della media europea.