la Rebubblica, 30 settembre 2008
di Roberto Mania
IL CASO- Pincio c’entra di sicuro, ma non è solo per quello che tra il sindaco Gianni Alemanno e la potente lobby dei costruttori romani sta scendendo il gelo dopo l’endorsement nella campagna elettorale. Certo il ‘non s’ha da fare’ del primo cittadino al parking da 700 posti sotto Villa Borghese, per quanto prevedibile, ha fatto uscire allo scoperto il malessere degli imprenditori. Fino al punto che il presidente dell’Acer (l’associazione dei costruttori della Capitale) Giancarlo Cremonesi si è lasciato andare, non solo per difendere l’associato Emiliano Cerasi che l’anno scorso si era aggiudicato la gara: «Ancora una volta la cultura del non fare rischia di non far realizzare le infrastrutture necessarie a elevare la qualità della vita dei cittadini». Un segnale forte, in gran parte inaspettato, all’indirizzo del Campidoglio. In linea, però, con l’ultimo sondaggio Ipsos di Nando Pagnoncelli che segnala la perdita di consenso della giunta di centrodestra soprattutto tra gli imprenditori. Tra i grandi, che con le giunte Rutelli e Veltroni non si può dire che abbiano giocato fuori casa, ma anche tra i piccoli e medi che, nel settore dell’edilizia, costituiscono il nocciolo duro dei ‘palazzinari’ romani. Loro si aspettavano la svolta o- per dirla con Francesco Gaetano Caltagirone- una fase di «discontinuità».
Ma non c’è solo il Pincio. Perché il sindaco aveva annunciato un piano casa da 30mila alloggi di edilizia sociale. Un volano per rilanciare economia e occupazione, e affrontare l’emergenza abitativa. Nessuno pretende miracoli, ma qualche segnale sì. Eppure ai costruttori – dai Navarra ai Rebecchini, dai Muratori ai Di Giacomo, solo per fare qualche nome – non è arrivato, preoccupandoli non poco. Anche perché l’altro piano casa, quello del governo (100 mila alloggi tra il 2012 e il 2013) con il ruolo centrale della Cassa depositi e prestiti, e al quale potrebbe agganciarsi pure Roma, resta, per ora, tra tra le promesse della campagna elettorale. Manca ancora il decreto del ministero dell’Economia. E così, come nel precedente governo Berlusconi, le pulsioni sociali di Alemanno rischiano di infrangersi sul muro di Via XX settembre, quello eretto da Giulio Tremonti.