La lettura della determinazione N. 140 del 29 dicembre 2008 ci consente di esprimere una prima serie di osservazioni e valutazioni, in attesa di poterci confrontare in modo adeguato con l’Amministrazione, prima che trasformazioni così profonde producano disastri ai lavoratori dell’ente e agli utenti esterni.
L’assetto delle funzioni territoriali dell’Istituto, così come viene delineato nella determinazione, comporterà una radicale trasformazione delle attuali strutture presenti sul territorio e produrrà profondi cambiamenti sul piano delle attività lavorative, della dislocazione delle sedi, delle competenze territoriali, della mobilità del personale.
Il nuovo sistema si articolerà secondo quattro tipologie di strutture:
- direzioni regionali;
- direzioni provinciali;
- agenzie;
- punti Inps.
Fatta eccezione per le direzioni regionali, le cui competenze essenziali rimangono sostanzialmente invariate e si arricchiscono di nuovi compiti relativi alle nomine dei direttori e alla distribuzione dei budget alle strutture gerarchicamente dipendenti, le strutture addette alla produzione subiscono una “rivoluzione copernicana”.
Le attuali sedi di produzione, sia provinciali che sub-provinciali, vengono di fatto destrutturate, concentrando presso le direzioni provinciali tutte le attività relative alla gestione dei flussi contributivi e assicurativi e le connesse attività di recupero crediti e vigilanza, e decentrando in via esclusiva alle agenzie le attività legate alle prestazioni pensionistiche e alle prestazioni a sostegno del reddito. L’attività di front-office (informazione al pubblico) viene caricata alle agenzie e ai punti Inps, mentre le direzioni provinciali si occuperanno del back-office (il lavoro “da scrivania” per intenderci) e del coordinamento delle strutture di competenza.
Le sedi sub-provinciali vengono ridotte al rango di mega-agenzie territoriali, dal momento che “cedono” alle direzioni provinciali anche le attività di supporto (economato, risorse umane, contabilità), mentre le attuali agenzie territoriali (ex centri operativi) sono declassate a punti Inps, nei quali si potranno realizzare forme di collaborazione con altri enti pubblici. Se l’obiettivo è quello di realizzare risparmi di gestione, è da mettere in conto anche la chiusura di strutture oggi operative o processi di fusione di strutture esistenti, anche appartenenti ad amministrazioni diverse.
Riguardo alle attività istituzionali, la netta separazione tra le attività legate alle entrate contributive, affidate alle direzioni provinciali, e le attività connesse alle prestazioni pensionistiche e di sostegno al reddito, affidate alle agenzie e ai punti Inps, risponde ad una logica quanto meno contraddittoria. Da una parte, infatti, si procede per accentramento allo scopo di aggregare funzioni, competenze, risorse presso le direzioni provinciali, venendo così incontro alle esigenze delle imprese e degli studi di consulenza, che non hanno mai condiviso il decentramento sul territorio realizzato negli anni passati. Dall’altra si ribadisce la scelta del decentramento suddividendolo tra due strutture (agenzie e punti Inps), dove verranno erogate esclusivamente le pensioni e le prestazioni a sostegno del reddito (disoccupazione, mobilità, maternità ecc.), ponendo le premesse per arrivare alle annunciate “case del welfare”, che sarebbe meglio ribattezzare “case del welfare dei poveri”.
In questo modo si introduce tra l’altro una evidente divisione tra lavoratori: quelli in carico alle direzioni regionali e provinciali, al riparo da contatti diretti con l’utenza e preoccupati unicamente delle attività di back-office, e quelli delle agenzie e dei punti Inps, ai quali si chiederà, oltre a garantire ovviamente gli obiettivi produttivi, anche la necessaria attività di relazione con il pubblico, in particolare con gli utenti più “bisognosi”, vale a dire pensionati e lavoratori che richiedono le prestazioni a sostegno del reddito.
Sorprende, inoltre, che nella determinazione non venga fatto alcun cenno al modello organizzativo di base, che dovrà sottendere l’intero assetto funzionale. A nostro avviso l’attuale modello per unità di processo, al di là dei limiti intrinseci evidenziati nel corso di questi anni, mal si concilia con il nuovo assetto. L’Amministrazione ha in mente qualcosa al riguardo, o intende procedere alla meno peggio?
Strettamente legata al modello organizzativo, vi è poi la questione delle posizioni organizzative e degli sviluppi di carriera ad esse legati. E’ noto che nella nostra regione, in particolare, le scoperture sono talmente ampie, che non si vede l’ora di completare l’iter delle selezioni interne e attribuire gli incarichi ai prossimi colleghi inquadrati al livello C4, anche per porre rimedio all’insostenibile proliferare degli incarichi ad interim. Ma che ne sarà delle posizioni organizzative, una volta che sarà portato a compimento il nuovo assetto? Anche questo è un punto totalmente ignorato e che meriterebbe una riflessione al più presto.
E’ chiaro che questa determinazione, come d’altronde è riconosciuto nelle sue stesse premesse, al di là delle solite e conclamate esigenze di funzionalità e di miglioramento dell’efficienza verso l’utenza, deve rispondere a quell’esigenza primaria dei risparmi di gestione, sulla quale il ministro Brunetta ha riempito e riempie tuttora le pagine dei giornali con le sue interviste. L’obiettivo di fondo mira ad una riduzione delle funzioni dirigenziali e dei costi di gestione delle sedi. Tutto il resto, a partire dalla mobilità dei lavoratori, dalle loro future condizioni lavorative, dalle progressioni di carriera, dalla stessa funzionalità del nuovo assetto, passa in secondo piano.
Lasciamo giudicare ai colleghi se la portata di questi cambiamenti non meriti un serio coinvolgimento delle rappresentanze del personale e degli stessi lavoratori, che sono i veri protagonisti di ogni cambiamento nell’Istituto, ma che non devono essere costretti a subire dall’alto tali innovazioni.
Coordinamento regionale RdB-CUB INPS Lombardia