Premetto e ci tengo a precisare, a scanso di equivoci, che non intendo innescare alcuna polemica con le altre organizzazioni sindacali e di categoria che hanno, naturalmente, il diritto di ragionare diversamente da me. Ciò nonostante avverto l’urgenza di comunicare con i colleghi prima che partecipino al solito “referendum” soffocato nella disinformazione organizzata in modo da comprimere ulteriormente i nostri diritti con il nostro consenso.
Non può convincere il percorso che CGIL-CISL-UIL, in linea con CONFINDUSTRIA, stanno attuando in questo periodo, ipotizzando la fine del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro. Come negli anni ottanta si cercava di nascondere quello che c’era dietro la riforma della scala mobile, ora si vuole occultare quello che c’è dietro le “LINEE DI RIFORMA DELLA STRUTTURA DELLA CONTRATTAZIONE”: l'abolizione del CCNL. Credo che le rassicurazioni rese da questa gente, destinate ad essere sancite con un finto referendum (vedi quello sulle pensioni e welfare), sia null’altro che l’ennesimo passaggio verso ulteriori sottrazioni a danno dei diritti dei lavoratori.
La scomparsa della scala mobile ha prodotto una disuguaglianza sociale di grande rilievo sotto l’aspetto economico, i salari non reggono l’inflazione e nelle famiglie si è innescata la crisi della terza settimana. Il rinnovo del CCNL che per altro avviene sempre in ritardo e con accordi al ribasso, è rimasto l’unica arma di difesa per limitare i danni prodotti da una classe industriale votata solo al mero profitto.
Secondo la proposta di Confindustria si potrà trattare il rinnovo contrattuale in tavoli di secondo livello diversi da città a città e da quanto prospettato dai dirigenti di CGIL, CISL e UIL il risultato porterà ampi benefici sia economici sia occupazionali. Se così fosse sarebbe la prima volta che Confindustria propone una riforma contro gli interessi delle imprese e a favore della forza lavoro… Sorge il sospetto che questi persistano nel raccontare favole per continuare indisturbati a curare gli interessi di bottega e come sempre avviene in ogni favola c’è un pericolo nascosto che se trova un valoroso principe azzurro viene sconfitto e dunque rimane favola, mentre, nella realtà, dove il principe azzurro è sempre in ritardo, la favola diventa incubo.
Riuscite ad immaginare una trattativa per l’aumento salariale giocata con i dirigenti locali? Con gli stessi dirigenti locali con cui è già difficile trattare il rinnovo di minimi mezzi di sicurezza? Con gli stessi dirigenti locali che “acquistano” taluni rappresentanti sindacali per pochi spiccioli o per un posto al sole? In estrema sintesi, nella stessa azienda un lavoratore di Cagliari o Iglesias potrebbe ottenere una paga base molto più alta rispetto ad un pari livello di Oristano vittima di una contrattazione locale a perdere.
Sarebbe la celebrazione della deregulation, l’apoteosi della lotta fra poveri. Se i dipendenti delle aziende più grandi avrebbero difficoltà a chiedere aumenti, figurarsi quelli dove il sindacato fatica ad esiste; si rischia d’innescare una fase autolesionista in cui i lavoratori, oppressi dall’angoscia della disoccupazione, pur di sottrarre produzione ai vicini farebbero a gara per ridursi il salario.
A mio avviso, se si condivide con la controparte di derubricare i livelli di contrattazione ci si avvia tristemente verso la deriva della trattativa personalizzata, finanche a consentire alle aziende di decidere unilateralmente i livelli dei salari.
Negli anni del dopo guerra fino agli inizi degli anni 90 esisteva un sindacato di classe e di lotta, poi si è passati ad un sindacato concertativo e partecipativo (nessuna concertazione ha mai dato risultati per i lavoratori) ora anche questo Governo, come il precedente, votato al neoliberismo ed alla privatizzazione sta pensando ad un SINDACATO DI SERVIZIO.
D’altro canto, in questa redditizia formula, il sindacato consociativo già credeva, basta guardare il continuo proliferare dei patronati, il ruolo che viene solertemente ritagliato per i vari centri servizi di assistenza fiscale anche solo in relazione alle pratiche INPS; insomma i soldi che girano fra questi organismi, i benefici economici garantiti dai vari governi abbinati alla semi-automatica iscrizione al sindacato da parte dei pensionati (i quali ricoprono oltre il 50% del totale degli iscritti) lascia presupporre che la voglia di volare alto a difesa dei diritti sia meno forte di quella di stare tranquilli nel ruolo di assistenza sociale, con buona pace del lavoratore che lotta e paga la delega a chi fa il gioco della controparte.
In questo contesto si cerca di reprimere il fenomeno sociale del SINDACALISMO DI BASE con il sistema della rappresentanza sindacale che è l’esatta antitesi della democrazia, quello che ci si ostina a chiamare sindacato sta legittimando la richiesta di Confindustria e del governo di turno, di annullamento di quanto di buono e ultimo c’è rimasto, frutto delle lotte sociali dal dopoguerra ad oggi, cioè il CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE di LAVORO.
L’attivo dei vari bilanci non può essere raggiunto sempre e solo sacrificando i diritti dei lavoratori, l’unica condizione di sviluppo non può essere proposta dalle imprese, possiamo scientificamente e tranquillamente affermare che proprio questo modello è fallace e che il mercato non può essere unico elemento di progresso, un concetto ribadito anche da Benedetto XVI.
Sostenere il concetto che tutti i lavoratori abbiano eguale diritto alla sicurezza e ad un salario minimo direttamente proporzionale al costo della vita non è utopia e se anche fosse "Lei è all'orizzonte" dice Fernando Birri - "Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Cammino per dieci passi e l'orizzonte si sposta dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve l'utopia? Serve proprio a questo: a camminare." E la condizione dei lavoratori è ferma da troppo tempo…
IL CCNL è un diritto acquisito, DIFENDIAMOLO.
p. il Coordinamento regionale RdB-CUB INPS Sardegna
Gian Franco Onnis