E’ iniziato un febbraio da brividi e non solo per il gelo che ci attanaglia, ma per le continue sparate da parte del governo nei riguardi di chi lavora e/o di chi un lavoro non riesce proprio ad averlo. Sparate che si sono purtroppo intensificate fino a raggiungere vette decisamente impensabili. Insomma, nulla è cambiato.
Dopo i cosiddetti “sfigati” ed i quotidiani attentati all’articolo 18 (rinforzati pure da demenziali affermazioni del tipo “per assumere bisogna licenziare”) il nuovo capo del governo ha sentito la necessità di dire la sua entrando a piedi uniti nel dibattito su quello che, con un’espressione misera e volgare, viene definito ora il “mercato del lavoro”. Un po’ come il mercato degli schiavi di alcuni secoli fa.
Dunque il sobrio Monti ha pensato bene di ribadire, proprio come aveva fatto il suo indecente predecessore, che “bisogna definitivamente dimenticare il posto fisso, perché monotono e noioso ed attrezzarsi invece a continui cambiamenti”.
Vuoi mettere, l’ebbrezza della disoccupazione è decisamente un’altra cosa e su questo ci si potrebbe anche ragionare a patto che le banche in cui è invischiato il professor Monti concedano finalmente prestiti a chi il lavoro fisso non ce l’ha, che le retribuzioni dei dipendenti siano allo stesso livello degli altri Paesi portati sempre ad esempio e che vengano comunque previste forme di assistenza e di garanzia per i disoccupati. Il che in Italia non esiste.
Tutto ciò senza naturalmente considerare che il posto fisso sottopagato è stato uno degli elementi che ha tenuto per decenni e decenni in equilibrio il sistema. Un’affermazione vergognosamente peregrina per giunta in un momento di crisi e di particolare gravità, in cui tutto si sta sgretolando e l’unica certezza è data dal costo fisso che dobbiamo sostenere, per mantenere politici e manager vari. A proposito di questi ultimi, sarà utile rammentare la notizia riportata ieri dalla stampa sugli esiti della famosa “Operazione Trasparenza” e sui collegati buchi vari che sono cresciuti recentemente in maniera esponenziale. Alla faccia dell’integrità!
Ebbene, secondo l’ultimo bollettino diffuso da Palazzo Chigi (edizione 2010), al primo posto c’è la busta paga del molto disonorevole super Mastro che sfora di poco un milione e duecentomila euro all’anno, una somma costituita sia dai redditi per incarichi pubblici (INPS – Equitalia), che da quelli derivanti da società private, considerata “inesatta” dall’ex commissario-attuale presidente-futuro manager, alla probabile ricerca di un qualche inghippo per evitare austerity e sforbiciate.
Per non parlare della palese incompatibilità più volte segnalata a tutti i livelli su questa ultima carica aggiuntiva, inopinatamente differita a tutto il 31.12.2014, che peraltro tende a far credere subdolamente che sia nato oggi un nuovo ipotetico ente previdenziale. Un quadro decisamente aberrante ed un percorso che riteniamo sia giunto ormai al capolinea, perché la voglia di giustizia e di trasparenza della gente indica una precisa volontà di cambiare come del resto la storia c’insegna.
E le colonne portanti di questa indispensabile, auspicata inversione di tendenza siamo proprio noi, lavoratori pubblici bene comune arcistufi di questo andazzo.
Con le prossime elezioni RSU saremo tutti finalmente chiamati a testimoniare che un altro Istituto è possibile, a dispetto di quanti vorrebbero invece definitivamente affossarlo per smantellare tutta la previdenza pubblica. Confederali in primis...