Gli articoli e i servizi di questi giorni su Alitalia fanno intravedere quella che sarà la “soluzione finale”, tanto temuta ma sempre più vicina, con una rinuncia definitiva al marchio che per 75 anni ha rappresentato l’Italia.
Tutto si ridurrebbe ad una compagnia (poco importa se sarà Ita), di 50/70 aeromobili, fatta e pensata per Lufthansa. Quello che temevamo sta per avverarsi, con Draghi e Giorgetti capofila dell’operazione di ridimensionamento. IV ripropone al Mit la sottosegretaria Teresa Bellanova, della quale non abbiamo mai letto un'analisi critica delle precedenti fallimentari operazioni nel settore di cui è stata una dei protagonisti. Speriamo di sbagliare e di doverci rimangiare le parole.
Da questa lettura, emerge il quadro seguente: nelle intenzioni i 3 miliardi, una cifra notevole, stanziati dal precedente governo con l’ipotesi di un progetto di connessione nuovo e concreto per il Paese, per il turismo e tutto il settore, invece di essere usati come investimento saranno deviati in parte sull’A.S.
Si stanno per ripercorrere i passi su un sentiero tracciato di ridimensionamento. Una condizione patita per ben tre volte, ma dalla quale non si vuole imparare... La politica si sta piegando all’Europa e non sta difendendo un proprio interesse. Dove sono le garanzie per l’occupazione? Dov’è la compagnia complessiva di dimensioni adeguate a quelle delle altre nazioni con i suoi compendi per i servizi interni? Dov’è il rilancio e il posizionamento sul mercato teso al recupero dei passeggeri che abbiamo lasciato a major e low cost? In quale modo il sindacato confederale che si è posto come referente nella trattativa intende agire per concretizzare le parole d’ordine sulla salvaguardia dei posti di lavoro, del perimetro, delle regole di sistema, del settore?
Abbiamo già respinto al mittente operazioni tragiche, ora siamo arrivati nuovamente al nodo. Chi difende i lavoratori pensi a scongiurare l’ennesimo inaccettabile bagno di sangue. USB, insieme ad altre parti sociali, ha dato la sua ricetta che parte dalla nazionalizzazione vera della compagnia, dal mantenimento del suo perimetro e dell’occupazione di tutti gli addetti, che deve avvenire con il passaggio degli asset allo Stato. Il fine è di preservarne il valore e di posizionare in sicurezza i settori nella gestione transitoria del periodo della pandemia. Il recupero, che prevedibilmente ci sarà nel mondo aeronautico nel giro di un paio d’anni, vedrebbe un’azienda adeguata per ripartire con la dotazione economica per gli investimenti posizionandosi nel mercato globale.
Chi ha ipotesi migliori (ma che siano coerenti con la piena occupazione), le dichiari ora, le declini nel concreto e le difenda fino in fondo. Noi non ripiegheremo rimanendo sul campo perché abbiamo vissuto troppe inutili sconfitte pagate dai lavoratori e dal Paese. Constatiamo l’inadeguatezza della politica che dal 2018 a oggi ha rinviato il problema facendolo esplodere ed illudendoci. I lavoratori vanno difesi fino in fondo, su obiettivi chiari, utilizzando proposte che indichino gli strumenti per arrivare a dama. È su questo che si crea la compattezza e l’unità dei lavoratori. Il resto, dopo 15 anni e 3 fallimenti, non importa. Tutti i lavoratori capiscono allo stesso modo, che sta fallendo anche la riforma delle regole di sistema del trasporto aereo e che tutto appare collegato a mantenere il potere costituito. È per queste ragioni che i lavoratori del Gruppo Alitalia si debbono unire di nuovo, per difendere se stessi e le proprie famiglie, comprendendo che va riconquistato ogni metro per un epilogo dignitoso di questa vicenda e per il proprio futuro.
È per questo che invitiamo con forza a reagire e a partecipare alla manifestazione il 3 marzo a Porta Pia, presso il MIT, dalle ore 10.00. Vi aspettiamo numerosi.
USB Lavoro Privato
1°-3-2021