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Editoriali

La classe operaia storica torna protagonista e indica la strada

Nazionale,

Il porto di Genova, l'acciaieria di Taranto. È intorno e dentro questi luoghi antichi e simbolici della resistenza operaia italiana che si vanno ricomponendo alleanze  capaci di smentire la fine della storia.
La resistenza operaia alla guerra e alla devastazione dell'ambiente e del tessuto produttivo stanno trovando al proprio fianco altri soggetti con cui progettare il futuro.
La manifestazione di Genova convocata dal CALP, e sostenuta da tutta la USB,  contro la guerra in Ucraina, in occasione del primo anniversario, ha portato dentro il porto di Genova, per la prima volta nella sua storia, un corteo enorme composto non solo da portuali. In quel luogo simbolico delle lotte di una categoria fiera e indomita, hanno potuto sfilare migliaia di militanti sindacali e politici e, soprattutto, migliaia di giovani studenti universitari e medi provenienti da tutt'Italia. Una ricomposizione avvenuta su un terreno operaio che ha legato e tenuto assieme elementi strategici del conflitto di classe, la guerra alla guerra, che è sempre strumento di dominio e oppressione sulle classi popolari, la lotta allo sfruttamento, che produce morti nei luoghi di lavoro come tra gli studenti mandati ad assaggiarlo con l'alternanza per prepararli a cosa li aspetta, l'antifascismo, che mai come oggi torna ad essere pratica militante e non vuota retorica.
Da quell'immenso corteo vivo e determinato viene uno scarto importante ed evidente con le pratiche di subordinazione al quadro politico dominante, di resa e abbandono del terreno del conflitto di classe.
Il rilancio guidato dall'USB dell'iniziativa operaia a Taranto, contemporaneamente e parallelamente, riporta la questione del diritto ad un lavoro stabile e sicuro in una città che vive ormai da decenni la devastazione ambientale che il modo con cui si produce l'acciaio a Taranto ha prodotto. Una forte alleanza con la città e con i cittadini, un'alleanza non scontata tra chi vive di quel lavoro tossico e chi ne subisce i danni alla salute e all'ambiente. Una battaglia che individua esattamente i terreni dello scontro dentro e fuori la fabbrica e ne indica responsabilità e fornisce soluzioni che sono state individuate assieme, operai e cittadini, che hanno imparato che senza l'unità sui temi del lavoro, della difesa dell'ambiente e della sicurezza, per quel territorio, per quell'insediamento industriale intorno a cui muove gran parte della vita economica del territorio non ci sarà futuro. Anche qui come a Genova, un nuovo paradigma che rompe gli equilibri che si reggono su quella profonda spaccatura, coltivata sapientemente dal potere e dal capitale,  che da decenni pone in contrapposizione una classe operaia che si è lungamente voluta sorda ai temi del come si produce, oltre che a cosa si produce, e un ambientalismo, spesso impotente e rivolto  unicamente alla lotta ai danni prodotti all'ambiente e incapace di individuarne le cause strutturali da combattere.
Anche in altri luoghi del nostro Paese crescono e si consolidano modalità di fare sindacato e politica che rendono possibile unificare lotte e accumulare forze. L'USB si è assunta la responsabilità di proporre un nuovo orizzonte della lotta di classe attraverso processi di ricomposizione che sembravano non doversi più avere dopo anni di declino della capacità di guidare e orientare processi da parte degli operai. Questi fatti, nuovi e importanti, indicano che esiste una possibilità concreta di ripresa del conflitto di classe, Il segnale che ci dà oggi il protagonismo del Calp di Genova e la rottura degli equilibri storici operata da USB a Taranto forniscono importanti verifiche di questo progetto.