Denunciare su Facebook all’inizio della pandemia di Covid-19 la disastrosa situazione della Sanità lombarda - nello specifico della ASST di Lecco - e chiedere giustizia per l’operato di una dirigenza manifestamente inadeguata, costituisce un reato e non importa se nei post incriminati non ci siano nomi, né offese.
Lo ha deciso la giudice del Tribunale di Lecco Maria Chiara Arrighi che ha condannato per diffamazione Francesco Scorzelli, caposala e rappresentante sindacale di USB. Tanto per sottolineare il valore “educativo” della sentenza, la giudice ha addirittura raddoppiato la pena richiesta dall’accusa: otto mesi anziché quattro perché il direttore generale dell’ASST, Paolo Favini, si è sentito diffamato.
L’Unione Sindacale di Base si schiera compatta con Francesco Scorzelli, un delegato scomodo che evidentemente andava richiamato all’ordine e a più miti comportamenti, soprattutto dopo il rifiuto di adottare comportamenti a rischio per la salute di pazienti e personale. Nell’ospedale Mandic di Merate, nella ASST di Lecco, nella Sanità lombarda che durante la pandemia tanto hanno brillato per efficienza, non c’è spazio per le critiche e per l’attività sindacale.
Se pretendi le giuste protezioni, se rifiuti di far entrare nei reparti infetti personale non formato, se parli di prevenzione secondaria, di filtri, di pressione negativa e di Dpi meriti di essere punito, a maggior ragione se lamenti l’incapacità e l’inadeguatezza di dirigenti e amministratori. I quali peraltro hanno dato luogo nel tempo a una vera e propria persecuzione contro Scorzelli, avviando ben 12 procedimenti disciplinari e irrogando mesi e mesi di sospensione.
Da oggi i cittadini della Lombardia sono più sereni: condannato Scorzelli, finalmente la Sanità di Lecco e quella regionale hanno risolto tutti i problemi. Il Covid? Non c’è mai stato.
L’USB rinnovare la propria concreta solidarietà a Francesco e annuncia la preparazione di iniziative di sostegno al proprio delegato.
Unione Sindacale di Base