Giovedì 3 giugno hanno perso la vita 9 lavoratori, il triplo rispetto alla media dei morti di lavoro registrati quotidianamente. Una strage passata quasi sotto silenzio, perché 7 delle 9 vittime sono morte tornando a casa dal lavoro. Tecnicamente sono “infortuni in itinere”, riconosciuti dall’Inail ma poco considerati sia dai media che dalle istituzioni quando si parla di salute e sicurezza sul lavoro.
Cinque operai edili della Mapen di Corte Franca (BS) sono morti rientrando da Parma, straziati tra le lamiere di un Doblò che in autostrada si è infilato a tutta velocità sotto un tir fermo in coda. Erano alla fine di una giornata da pendolari dell’edilizia, impegnati nella costruzione del Parma Food Business Incubator al Campus Scienze e Tecnologie dell'Università di Parma: centinaia di chilometri percorsi quotidianamente ai quali si sommava la fatica del duro lavoro fisico. Erano Simone Abeni (40 anni), Bruno Bracchi (67), Maurizio Signoroni (55) e due colleghi marocchini di 40 e 51 anni di cui non sono ancora certe le generalità.
Tornava a casa anche Emanuele Spoladore, 52 anni. Mancavano poche centinaia di metri quando il suo furgone da elettrotecnico si è scontrato frontalmente con un camion, a Saletto di Borgo Veneto.
Così come Marika Buttò, 29 anni, che rientrando a tarda sera nella sua casa di Patti dal locale in cui lavorava, ha sfondato un guardrail ed è volata da un viadotto con la sua auto.
Il dibattito sulle morti di lavoro, in Italia, si concentra solo su alcuni casi “mediatici”, mentre dei decessi in itinere non si parla mai abbastanza, ma è un fenomeno tristemente reale: i dati Inail del 2020 registrano, per forza di cose, una flessione; ma dobbiamo ricordarci come la pandemia ed il lockdown abbiano influenzato questo aspetto, con le chiusure e i tanti lavoratori che sono stati messi in lavoro agile che ci restituiscono un quadro leggermente distorto.
Parliamo comunque di almeno 214 decessi in itinere conteggiati, che seguono gli almeno 306 del 2019 e la cui diminuzione è da imputare alla pandemia, un periodo in cui, è bene ricordarlo, sono invece aumentate molto le morti “in occasione del lavoro”, ovvero durante lo svolgimento della propria mansione.
È arrivato il momento di dare giustizia anche a chi muore nel tragitto tra la propria abitazione ed il luogo di lavoro; basti pensare, ad esempio, che questo tipo di sinistri non viene conteggiato come infortuni sul lavoro nei dati Eurostat: servono quindi delle norme che tutelino i lavoratori anche da questo punto di vista, ad esempio tramite una copertura più vasta da parte dell’Inail e con degli interventi tecnici, come ad esempio un aumento delle pause, che possano far sì che un lavoratore non sia sfinito quando si mette alla guida di un veicolo finito il proprio turno.
Come Rete Iside ed USB, forti della nostra collaborazione che va avanti da anni, prenderemo ogni iniziativa che vada di una maggiore tutela dei lavoratori sul fronte della salute e della sicurezza, a cominciare dalla istituzione del reato di omicidio sul lavoro.
Rete Iside Onlus
Unione Sindacale di Base