Contro la svendita di questa infrastruttura cruciale, l’USB da tempo rivendica la necessità di nazionalizzare TIM, per difendere l’occupazione e per rilanciare il servizio pubblico nelle TLC.
La svendita e lo spacchettamento di TIM ha precise responsabilità politiche e manageriali.
Il 25 febbraio scorso abbiamo denunciato la complice assenza del Governo, sotto la sede della Cassa Depositi e Prestiti. Così oggi, una volta terminato il presidio sotto la sede TIM, siamo andati a portare la protesta anche sotto la sede AGCOM, che colpevolmente non ha dato nessun parere, rispetto alla ristrutturazione della più grande azienda delle TLC. Una ristrutturazione, a nostro avviso, opaca e con forti rischi speculativi.
Durante il presidio sotto la sede TIM, su richiesta dell’USB, una delegazione è stata ricevuta dall’Azienda. Nel corso dell’incontro la RSU e l’esecutivo nazionale USB Lavoro Privato hanno esposto alla dirigenza TIM la netta contrarietà al progetto di “spezzatino” e ribadito che:
- affidare la rete fino ad oggi integrata a uno spezzatino di società è un’operazione che darebbe luogo a entità societarie dalla vita breve;
- siamo assolutamente contrari a questa ristrutturazione che mette a rischio l’occupazione e il salario dei lavoratori TIM e dell’indotto.
La delegazione USB ha inoltre sottolineato come il “bando Colao”, nell’ambito del decreto concorrenza, presenti molte opacità nella gestione unitaria dello sviluppo della larga banda in Italia. Il bando Colao, infatti, consente l’acquisizione di lotti di reti e servizi TLC, ossia una disastrosa frammentazione gestionale e tecnologica che penalizzerà lavoratori e servizio TLC.
L’Azienda ha replicato rimandando tutto al 7 luglio, data in cui l’AD di TIM dovrebbe fornire alla comunità finanziaria tutti gli elementi per giudicare la bontà del piano.
L’USB, tuttavia, ritiene improbabile che in quella data saranno presentati dettagli così rilevanti da far cambiare la nostra valutazione sul piano.
USB ha ribadito i motivi della sua opposizione al piano industriale proposto, richiedendo un radicale ripensamento del progetto per un vero rilancio dell’azienda.
L’unica strada da percorrere per garantire l’interesse generale, la democrazia nella rete e l’indipendenza della politica industriale è che TIM sia unica e nazionalizzata.