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Lazio

NAUFRAGIO REGIONALE

Roma,

Comunicato n. 23/14

L’impressione che ieri abbiamo avuto sia nel corso della riunione che al termine della stessa presso la sede regionale è stata, argomento per argomento, quella dei momenti che precedono l’affondamento vissuti però facendo finta di niente. Si comincia in ritardo ancora su tavoli separati per espressa volontà della casta che evidentemente ritiene di poter sopravvivere/vegetare così ancora a lungo.

 

Il clima si fa subito truce, considerata la situazione che senza fronzoli è definita “a dir poco preoccupante” sui risultati di produzione relativi al primo trimestre, con un probabile peggioramento a tutto il 30 aprile che non è stato pianificato, ma sul quale “non possiamo farci illusioni”.

 

La sentenza emessa frettolosamente dalla direzione regionale ovviamente non prevede che venga messo in discussione il famigerato parametro 124, bensì la “scarsa produttività della gestione pubblica” con le caselle celesti tragicamente vuote, perché i numeri si attestano, nella migliore delle ipotesi, intorno al 99%.

 

Ma niente paura, perché l’escamotage per cercare sia pure provvisoriamente di salvare il salvabile è racchiuso nel punto 2 all’ordine del giorno che, bontà sua, l’amministrazione tira fuori come un prestidigitatore dal suo cappello a cilindro. Si tratta del cosiddetto “Piano regionale sull’estratto conto” utile a sistemare le posizioni assicurative, i riscatti e le ricongiunzioni con una diversa metodologia, utilizzando inoltre il personale dell’area A nel necessario lavoro di acquisizione.

 

Più in particolare, si tratterebbe di registrare pratiche e documenti arretrati già elaborati la cui definizione è di fondamentale importanza e beneficio all’utenza. E su questo si può chiudere la prima parte dell’informativa perché il messaggio contenente l’ordine di servizio specifico con la indicazione dei gruppi di lavoro è già in Hermes, con tanto di modalità operative per l’integrazione delle gestioni. Sono anche previsti dei corsi di formazione a tappeto per tutti gli addetti a questa tipologia di adempimento, nell’ambito di un iter processuale ancora da gestire.

 

Dopo una breve sospensione, è stato finalmente affrontato in maniera anomala il punto riguardante le problematiche del personale dell’area A, con una lettura ben circostanziata di un documento in cui sono ravvisate precise responsabilità per i dirigenti per danno erariale in relazione alle cause legali vinte dai colleghi.

 

Da questa iniziativa della magistratura scaturiscono atteggiamenti tipo “si salvi chi può” quali quello assunto dal direttore metropolitano che, all’improvviso, ha pensato bene di togliere le utenze utilizzate già da oltre 10 anni dai lavoratori. Il ponte del Titanic che lentamente si inabissa ci si è palesato davanti, peraltro con un’amara considerazione: se non fossero arrivate queste lettere ingiuntive, col cavolo che l’amministrazione avrebbe poi deciso di inserire le problematiche al tavolo regionale, il personale poteva pure buttare il sangue per altri 10 anni.

 

A questo punto mentre pseudo organizzazioni sindacali dopo averne combinate di cotte e di crude non trovano di meglio che proporre ai lavoratori delle aree A e B di prendersi il diploma o la laurea (naturalmente approfittando delle offerte vantaggiose sulla piazza del mercato), abbiamo proposto all’amministrazione di redigere un documento che coraggiosamente fotografi la situazione nell’ambito regionale e dichiari questa inoppugnabile verità: l’apporto prima decisivo e ora  divenuto insostituibile nella vita di ogni giorno dei discriminati di sempre, senza i quali ciò che resta in piedi dell’Istituto ineluttabilmente si blocca (vedi Tivoli).

 

Un documento che potrebbe fare scuola, magari preso ad esempio dai dirigenti regionali e dai direttori delle altre aree metropolitane che versano in condizioni similari utile a spezzare sia pure tardivamente una lancia in favore dei colleghi. A patto che lo si voglia fare sul serio e, per una volta, si considerino le persone e non i soliti numeri, peraltro fasulli, per fare prodotto e guadagnare medaglie. Mentre i nodi già noti vengono inevitabilmente al pettine ed i vari dirigenti non trovano di meglio che “pararsi”, la direzione regionale saprà accettare la sfida?

 

Con una disponibilità ed una calma ammirevoli i lavoratori provenienti da Tivoli in rappresentanza delle aree A e B hanno successivamente illustrato la gravità della situazione che si è venuta a creare nell’agenzia territoriale, dovuta anche all’accorpamento con l’agenzia di Guidonia ed alla recente cessazione in quanto a effettiva operatività di quest’ultima con tutte le varie problematiche annesse. Problematiche peraltro già rappresentate con ben 3 documenti successivi nello scorso mese di aprile, dapprima sottovalutate e poi considerate erroneamente definite dall’amministrazione regionale, di fatto acuitesi col passare del tempo.

 

Basta rammentare che ora sull’agenzia complessivamente insistono 9 colleghi di area A ed altrettanti di area B per un totale di 18 unità, sulle 34 operative! A questo proposito abbiamo ribadito che Tivoli è soltanto la punta di un iceberg che in troppi si ostinano a non vedere. E contro il quale la direzione è sbattuta.

 

Del resto i numeri parlano chiaro: nell’organico dell’Istituto complessivamente oggi si registrano tra A e B 6.345 colleghi (25% del totale) ed in particolare nel Lazio sono presenti 286 dipendenti di area A su 1.041 (30% del totale), il che immortala perfettamente lo sfruttamento di questi lavoratori stipati nella stiva.   

 

Che la situazione sia comunque allo sbando è poi emerso chiaro dal successivo esame delle proposte, provenienti dalle sedi, di modifiche agli organigramma in applicazione della circolare n. 36 del 20 marzo scorso, sulle strutture del Lazio. In pratica, anche qui ogni direzione viaggia per proprio conto il che, se da una parte può essere dettato dal suo fabbisogno e dalla realtà del singolo territorio, dall’altra evidenzia in maniera palese la mancanza di omogeneità nella regione. Si va avanti insomma per tentativi senza una meta precisa e senza seguire una rotta, con obiettivi temporanei che di volta in volta cambiano e si sostituiscono ad altri. Coi risultati che già conosciamo e le comprensibili reazioni dell’utenza.

 

L’amministrazione ha provato, sul finire, a mitigare la pesante atmosfera che si era complessivamente determinata al tavolo, illustrando dei corsi di formazione per il personale ex INPDAP ad Anagni, Tivoli, Civita Castellana e Poggio Mirteto sulla bontà dei quali è sicuramente azzardato esprimere un qualsivoglia parere. Così come risposte al momento evasive sono state fornite su protocolli d’intesa diversificati che dovrebbero riguardare spostamenti presso le strutture INAIL di agenzie come Aurelio, Sora e Civitavecchia, mentre resta accantonata Nettuno.                

 

Gli echi sulle autorizzazioni per accesso alle procedure e l’assoluta mancanza di trasparenza nella gestione delle abilitazioni (che spesso neppure corrispondono al lavoro assegnato senza alcun tipo di formalizzazione) ci raggiungono mentre usciamo e testimoniano questo naufragio annunciato con alcuni dirigenti che se la squagliano sulle scialuppe e altri che restano in mare abbarbicati alle tavole.