La situazione delle lavoratrici e dei lavoratori addetti al confezionamento per conto della multinazionale Ferrero ma alle dipendenze di diverse aziende e cooperative, rappresenta in modo esemplare la grande anomalia che vige nel nostro Paese in merito alle condizioni salariali.
Sono i settori dei servizi appaltati quelli più colpito dalla contraddizione di un sistema economico in cui le aziende, per garantirsi i margini di profitto, comprimono i salari al di sotto della dignità e della soglia di povertà relativa. Da questo punto di vista le condizioni di lavoro applicate nell’indotto FERRERO sono endemiche e già tristemente note nel nostro territorio nazionale. Il “caso Ferrero” ha però delle sue peculiarità. Innanzitutto, lo shock di questa vicenda riguarda un’azienda da sempre considerata come virtuosa, in particolare nel territorio albese, un’azienda ritenuta capace di restituire, dagli enormi margini di profitto, un po' di benessere al territorio e ai suoi abitanti. È stato dunque un brutto “risveglio” quello di scoprire che anche la FERRERO, nel suo territorio è coinvolta nell’applicazione di condizioni di lavoro sottopagate. Questo “risveglio” avvenuto grazie a un coraggioso gruppo di lavoratori che si è iscritto a USB, dopo aver tolto fiducia e mandato alle organizzazioni che per 30 anni hanno gestito le questioni sindacali.
É questa un’altra peculiarità: le condizioni contrattuali applicate per decenni da GTPM, ora PROTECO S.r.l., sono il frutto di un percorso condiviso con le parti sociali (CGIL, CISL, UIL) firmatarie di un contratto provinciale studiato ad hoc per gestire la partita del confezionamento. Un contratto provinciale, che se firmato da “piccoli sindacatini” verrebbe giustamente definito come “contratto pirata” ma che invece, firmato dalle tre grandi confederazioni, vorrebbe avere un’aura di legittimità che però nella sostanza non ha. Non può averla infatti per l’inaccettabile tenore salariale ma anche per l’applicazione di un “estroso” meccanismo per fare risultare i lavoratori come stagionali e perciò sospesi per diversi mesi all’anno dalla retribuzione.
Infine, da questa vicenda emerge un altro elemento importante: ad essere impiegate nel confezionamento sono prevalentemente donne. Vediamo infatti che nel nostro Paese, laddove la componente femminile, così come spesso di provenienza straniera, è preponderante, vigono anche le peggiori condizioni di lavoro
Oggi la PROTECO, in accordo con alcune organizzazioni sindacali (Cisl e Uil, non più Cgil che si è sfilata dal percorso) applica ai suoi dipendenti il Ccnl Multiservizi, mentre le altre cooperative applicano ancora il vecchio contratto provinciale. E però neanche il Ccnl Multiservizi, oltre a essere un contratto che nulla a che fare con il confezionamento alimentare, è in grado di garantire a questi lavoratori condizioni dignitose di vita.
Per tali ragioni USB ha aperto una vertenza per richiedere l’applicazione di un contratto di settore, dignitoso e giustamente retribuito. Una vertenza che riguarda non solo i lavoratori PROTECO ma tutti i lavoratori dell’indotto FERRERO e non solo, che tocca alcuni nervi scoperti di questo territorio e perciò ha una valenza generale, sociale e politica, che tocca tutti.
Nel percorso di questa vertenza USB ha ritenuto utile proporre un’Assemblea pubblica cittadina che si terrà al Cinema Moretta di Alba (C.so Langhe 106) sabato 23 novembre 2024 alle ore 10, a cui sono invitati a partecipare e intervenire esponenti del mondo politico, sociale e del lavoro, in un momento di confronto e chiarificazione utile a superare lo shock del “caso Ferrero” e riconsegnare ai lavoratori un orizzonte occupazionale dignitoso e giustamente retribuito.