Mercoledì 8 aprile l’ISS ha pubblicato i dati al 6 aprile relativi alla situazione nelle RSA. Alla luce di questo aggiornamento, USB ritiene di non dover modificare i contenuti e l’analisi del report precedente (https://www.usb.it/leggi-notizia/coronavirus-il-report-di-usb-ecco-i-motivi-della-strage-nelle-rsa-e-gli-errori-della-lombardia-1003.html).
Per dovere di cronaca va segnalato che il dato percentuale dei deceduti residenti nelle RSA della Lombardia si modifica, scendendo dal 19,4 al 13,7, ma rimanendo di molto superiore sia rispetto alla media nazionale che a quelle del Veneto (7.02%) e dell’Emilia Romagna (6.41%).
Rimane impressionante il numero dei decessi che sono 3859, 1822 dei quali in Lombardia, soprattutto se si considera che hanno risposto meno di un quarto delle strutture interpellate dall’ISS: 577 su 2399, il che fa presumere una clamorosa sottostima del dato ufficiale.
Altro dato degno di attenzione è l’indice di ospedalizzazione che l’ISS definisce così: “Nel periodo considerato, 1969 persone residenti nelle 577 RSA rispondenti sono stati ospedalizzati. Per ospedalizzazione si intende tutti i ricoveri effettuati per qualsiasi causa, quindi tutti i ricoveri di almeno un giorno dovuti sia per procedure elettive che per cause di emergenza”.
Anche in questo caso, la Lombardia risulta la regione con l’indice di ospedalizzazione più basso (v. tabella) con appena 1,6 pazienti per struttura ricoverati in ospedale: un chiaro indicatore della difficoltà degli ospedali ad accogliere pazienti e della “politica” adottata nei confronti degli anziani, lasciati di fatto morire nelle RSA.
Per il resto, si confermano le difficoltà che avevamo evidenziato, prime tra tutte l’assenza di DPI e la mancanza di personale, che investono rispettivamente l’85% e il 35% delle strutture. L’assenza di DPI ha sicuramente condizionato enormemente l’alto di contagi e di decessi.
I dati evidenziano infine come si siano eseguiti pochissimi tamponi sui pazienti: solo 133 dei 3859 pazienti deceduti sono risultati ufficialmente positivi. Una scelta che riteniamo folle e criminale per le ragioni già espresse nel precedente report.
Infine, solo il 54% delle strutture dichiara di avere eseguito al personale una formazione specifica per il Covid-19. Come se l’Italia non fosse alle prese con l’emergenza coronavirus.
Il report e l'aggiornamento sono scaricabili sul sito www.usb.it
Unione Sindacale di Base