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dal Coordinamento Nazionale

Destini incrociati

Nazionale,

Il disegno di legge  di Graziano Delrio sul riordino degli Enti Locali  prevede che le Province diventino enti di II livello in attesa di definitiva riforma costituzionale.

I nuovi enti di II livello, non più a carattere elettivo, consisteranno in una sorta di coordinamento dei Comuni e si occuperanno unicamente di trasporti, ambiente e rete scolastica.

Non a caso la riforma in discussione viene anche definita “svuota funzioni”.

Tra le funzioni delle province che scompaiono ci sono proprio quelle legate alle politiche attive del lavoro, già  di fatto indebolite dalla competizione,   nell’incontro tra domanda e offerta, con le molte agenzie private  spuntate come funghi,  spesso al di fuori di ogni controllo pubblico e  specializzate nella“somministrazione” di manodopera super precaria a bassissimo costo.

Infatti, secondo la circolare INPS del 28 ottobre 2013, a decorrere da  gennaio 2014,  il lavoratore disoccupato  non ha più l’obbligo di presentarsi al centro per l’impiego del proprio domicilio per dichiarare la immediata disponibilità ad una nuova occupazione: saranno invece gli uffici INPS preposti all’erogazione dell’ASPI a comunicare ai C.I. la disponibilità del lavoratore rimasto senza occupazione e titolare della nuova indennità. 

In uno degli ormai noti eccessi di confusione normativa, la circolare si premura di fare comunque salvi tutti i casi in cui il centro impiego sia il solo a possedere gli elementi per accertare lo stato di disoccupazione (?!).

Quindi, ricapitolando, dal prossimo anno  presso gli sportelli INPS il cittadino potrà contestualmente dichiarare il proprio stato di disoccupazione, dare nuova disponibilità ad occupazione e richiedere l’accesso all’ASPI.

Dietro però la indubbia semplificazione viene di fatto invalidato un qualsivoglia  comportamento attivo di ricerca e accettazione di un’offerta di lavoro o di partecipazione ad un corso volto al miglioramento della professionalità, dando così  per scontato che al lavoratore, buttato fuori  a calci dal mercato del lavoro, oltre all’assicurazione sociale, sempre che ne abbia i requisiti,  non spetti null’altro.

Evidente dunque l’inutilità del “passaggio” al Centro per l’Impiego.

Ma il depotenziamento coordinato e continuativo dei centri per l’impiego  ancor di più preoccupa poiché tutto lascia pensare, ivi inclusa una apparentemente innocua circolare INPS, che in Italia  l’assicurazione sociale  continuerà ad essere erogata solo  in forza della perdita involontaria del lavoro, per un periodo limitato  e solo se  il soggetto  è in possesso di precisi requisiti contributivi, mentre per la mancanza di lavoro, accompagnata da una volontà di impiego comprovata dall’iscrizione presso gli ex uffici di collocamento, non è dovuto un fico secco di niente.

Alla faccia delle migliaia di firme apposte dai cittadini sulle proposte di legge  (nostre e di alcune forze politiche) per il diritto al reddito minimo garantito giacenti da anni in Parlamento (e che hanno tutti i paesi in Europa tranne noi e la Grecia).

Ma in Italia, è risaputo,  il reddito minimo garantito, così come il salario minimo, sono considerati, in primis  da Cgil, Cisl e Uil, strumenti da paesi sottosviluppati, mentre  l’introduzione  di una miriade di tipologie contrattuali  atipiche attraverso cui i lavoratori  vengono costantemente ricattati e retribuiti  anche meno di 5  euro l’ora,   è  ritenuta indice  di innovazione,  progresso e civiltà!

E i nostri ex colleghi  dei centri per l’impiego che destino avranno?

Lo stesso dei nostri colleghi delle DTL che, dopo aver visto negli anni ridursi funzioni e valenza sociale  in concomitanza con la riduzione di diritti e tutele per i lavoratori tutti,  ora subiranno i processi riorganizzativi da cura dimagrante delineati dall’ultima bozza di decreto illustrata alle parti sociali dal Ministro Giovannini e  che niente lascia intendere possa essere rivisitata  entro la fine dell’anno.

Dai politici, a più livelli,  spesso ascoltiamo  surreali proclami sulla necessità di riorganizzare, ammodernare e rafforzare sia i Centri per l’Impiego sia gli Uffici territoriali del Ministero del lavoro: per i primi si parla di fondi dell’ U.E. per una rete di servizi europei finalizzati all’occupazione e in connessione  telematica tra loro (aiuto, ci risiamo!) o, più modestamente,  si sente il refrain di un improbabile, meglio dire impossibile, dialogo tra uffici pubblici e privati che dovrebbero collaborare insieme anziché contrapporsi: come se dalla legge Treu in poi non si fosse attuata in  Italia la piena, totale privatizzazione del mercato del lavoro ormai quasi del tutto nelle mani dei privati.

Per i secondi, cioè le DTL, il refrain è invece  sulla lotta al lavoro nero.

Ma ciò che interessa  davvero allo Stato è fare cassa, e non di certo il destino dei lavoratori: altrimenti si obbligherebbero le aziende  al di sotto dei 15 dipendenti a non licenziare i  lavoratori a nero  regolarizzati  proprio grazie al controllo ispettivo.

Lo Stato incassa subito le somme aggiuntive per la riapertura delle aziende irregolari sospese ma, come è noto,  al disotto dei 15 dipendenti non esiste giusta causa o giustificato motivo per il licenziamento e la gran parte delle aziende sottoposte a controlli, sono piccole aziende!

Ma anche nei casi di aziende più grandi spesso avviene che le prescrizioni fatte dagli ispettori, magari  dopo mesi di accurato lavoro, a seguito per esempio dell’accertamento di finti progetti, finte associazioni in partecipazione o finti stages ecc … vengano poi annullate da accordi sindacali  in deroga che permettono alle ditte di effettuare sanatorie a tappeto per tutto il pregresso irregolare.

Benissimo, si dirà, perché  al contempo i “datori di lavoro” sono obbligati a stabilizzare i finti rapporti autonomi con contratti subordinati.

Sì,  ma alla fine succede che gran parte del personale  così “emerso” non superi il periodo di prova previsto dai contratti, che le aziende  - quelle grandi - non paghino un centesimo di sanzioni, che le leggi vengano legittimamente bay passate  da altre leggi e che gli ispettori si ritrovino con un mucchio di lavoro effettuato e reso inutile, appunto,  da accordi di prossimità con deroghe di ogni tipo e, magari, anche da circolari “ad hoc” emanate dallo stesso Ministero.

Alla fine della fiera,  l’unica funzione che resta all’ispettore del lavoro è quella dell’esattore a cui si chiede di incrementare il numero delle ispezioni finalizzate al  solo raggiungimento degli obiettivi stabiliti dal Ministero (cioè i numeri per le statistiche !)  anziché alla reale efficacia ed  incisività dell’azione di controllo a tutela dei cittadini.

Lo svilimento della funzione sociale dell’attività di vigilanza non è conseguenza della forte crisi economica,  ma  è iniziata molti anni fa.

Così, tra un depotenziamento e l’altro, in un processo che dura da venti anni e che per venti anni in troppi hanno finto di non vedere,  ci ritroveremo anche noi, dipendenti ed ex dipendenti  del Ministero del lavoro, travolti  dall’ insolito destino di Mimì metallurgico,  ferito più che nell’onore, nella dignità.

USB  - Coordinamento Nazionale Ministero Lavoro