Sindacato: “associazione di lavoratori costituita per la tutela degli interessi collettivi”. Così recita un famoso dizionario della lingua italiana. Un sindacato deve intercettare e organizzare i bisogni egli interessi dei lavoratori e contrapporli a quelli del datore di lavoro. All'interesse e al profitto deve essere opposto il diritto a una vita lavorativa che sia vita; verso lo sfruttamento sistematico delle cosiddette risorse umane deve essere creata una trincea per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. Ci si aspetta questo, storicamente, da un sindacato; che tuteli in forma collettiva i diritti egli interessi di ogni persona lavoratrice.
Invece: è di ieri la notizia della sigla di una bozza di accordo economico per il rinnovo del contratto della Mobilità e del Gruppo FSI, contratti scaduti nel 2018; pochi soldi, facilmente aggredibili dalla crisi che incomberà, e un ennesimo incremento delle politiche di smantellamento dello stato sociale, come le passate generazioni hanno conosciuto, attraverso il trasferimento di risorse finanziarie al cosiddetto welfare aziendale e alla pensione integrativa; sulla parte normativa nessuna notizia.
Non è questo che serve ai ferrovieri.
Non è questo che i ferrovieri hanno reclamato nelle ultime occasioni in cui è stato loro concesso di poter esprimere il dissenso di chi da una vita è costretto in turni e prestazioni di lavoro che nuocciono gravemente alla salute, e che stanno pagando sulla propria pelle anche il sovraccosto della crescente insicurezza sul lavoro di feroci riorganizzazioni aziendali.
Eppure il Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane è destinatario della maggior parte delle risorse finanziarie del c.d. PNRR governativo, quello che stanzierà solo per RFI circa 30 miliardi di Euro nei prossimi cinque anni, e da anni il parlamento italiano sta discutendo della necessità di attribuire ai ferrovieri le tutele previste per i lavori usuranti: la sigla di questo accordo mette un macigno sulla strada delle aspettative di difesa e miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita di circa 80.000 lavoratori del Gruppo FSI, mentre il blocco managerial-imprenditoriale del paese detta le regole per l’incasso dei profitti e per il futuro assetto al ribasso dei contratti di lavoro.
Ai ferrovieri serve un altro sindacato.
Riduzione dell’orario di lavoro settimanale a 35 ore massime
· Riconoscimento trattamenti per lavoro usurante
· Aumento del 20% dei minimi tabellari stipendiali
· Adozione di pari trattamento (alle migliori condizioni) tra lavoratori stabili e apprendisti
· Assunzione immediata di 10.000 addetti alla manutenzione infrastrutture di RFI e altrettanti nei comparti operativi di RFI stessa e Trenitalia
AL REFERENDUM VOTATE NO!
Unione Sindacale di Base - Lavoro Privato - Attività Ferroviarie
Roma 23 marzo 2022