Rdb va denunciando da tempo gli appetiti generati dal sistema di gestione di Laziodisu.
Abbiamo atteso che l’Ente per il Diritto allo Studio Universitario aprisse i propri armadi e facesse pulizia degli scheletri che contiene, ma oggi dobbiamo constatare che da quegli armadi è stata rimossa solo la polvere, lasciando inalterato il blocco di potere che governa appalti, alloggi per gli studenti, mense, etc.
La Giunta Regionale ha già deciso – lo scorso anno – la trasformazione di Laziodisu in “ente economico”: ovvero la trasformazione in una vera e propria società privata.
Questa modifica inciderà, oltre che sulla vita dei lavoratori, anche sull’erogazione dei servizi per gli studenti dell’Università più grande d’Europa.
Ma a fronte di questo viene da chiedersi – visto che il governo regionale continua ad amministrare questo ente senza la dovuta autonomia – perché non lo riassorbe definitivamente all’interno della Regione?
Perché i lavoratori devono pagare il prezzo delle tattiche politiche di centrodestra o di centrosinistra e essere costretti a perdere possibilità di sviluppo professionale o di precarizzazione selvaggia (e sotto ricatto) del posto di lavoro?
Perché gli studenti-cittadini debbono sopportare il prezzo delle politiche dissennate che spingono verso una decisa privatizzazione del diritto allo studio come sostenuto dall’assessore Costa in un recente convegno?
Perché questo ente non toglie dalla pianta organica 10 posti di dirigente, attualmente non coperti (e che costano 100.000 Euro l’anno ciascuno), per consentire un aumento di posti che valorizzi le professionalità interne e il cd.
esodo incentivato a circa 15 lavoratori?
Perché questo Ente continua a preferire rapporti di lavoro precario anziché rapporti di lavoro stabile?
Forse serve ancora mantenere il circuito di imprese e di clientele che ruota attorno alle principali ditte appaltatrici?
La scorsa settimana insieme a RdB un gruppo di lavoratrici e lavoratori precari ha impresso un segno di cambiamento importante occupando la stanza della trattativa sindacale e costringendo tutti a fare i conti con il loro imminente licenziamento.
La “contingenza elettorale” ha costretto la parte politica a venire a patti.
Un patto tardivo e che non ci soddisfa del tutto, fino a che non sarà compiuto.
Ma l’aspetto importante è consistito nel riprendere con forza un principio di autodeterminazione di chi in Laziodisu ci lavora ogni giorno.
Per questo crediamo importante indire una assemblea aperta a tutto il personale stabile, precario, interinale, a collaborazione, etc. e agli studenti per affermare che:
· Laziodisu deve restare ente pubblico a garanzia della tutela dei diritti di tutti;
· tutte le forme di precariato esistenti dentro Laziodisu debbono essere trasformate in contratti di lavoro a tempo indeterminato attraverso un piano di stabilizzazione da sviluppare con la Regione;
· valorizzare il ruolo e la professionalità del personale interno riducendo le inutili e costose figure dirigenziali;
· consentire il ricorso all’esodo incentivato (come accade per i dipendenti regionali) per circa 20 lavoratori dell’ente.