“La continuità delle lotte è piuttosto semplice: perché ci sia, i lavoratori hanno bisogno soltanto di se stessi e dei padroni di fronte a loro. Ma la continuità dell’organizzazione è invece una cosa rara e complessa: appena si istituzionalizza viene immediatamente usata dal capitalismo, o dai lavoratori al servizio del capitalismo”.
Prima di tutto, una premessa: tutti quegli elementi che regolano la società, la politica, le leggi, le norme, l’economia sono state create dagli uomini, ed è bene ricordarlo, dagli uomini possono essere distrutte e trasformate. Diciamo questo poiché se accettiamo la logica per cui si devono rispettare le regole del gioco volute dal Potere non se ne cava un ragno dal buco. Oggi hanno posto tanti e perversi limiti al diritto di scioperare, di bloccare una strada piuttosto che un palazzo istituzionale, che il prezzo per rispettarli è quello equivalente a una giornata di lavoro persa e alla benzina consumata per spostarsi. Al contrario, per chi manifesta in altro modo il dissenso, fioccano le manganellate, le precettazioni, le denunce. Stante le cose, nell’uno o nell’altro caso, per i lavoratori, non cambia il principio della classe dominante: produci, consuma, crepa!... E stai zitto!
Per questo motivo, quando la situazione appare senza via d’uscita, la cosa migliore da fare è rovesciare completamente il proprio punto di vista, con la consapevolezza che le regole create da certi uomini, da altri possono essere cambiate.
Dentro questa crisi che apre nuovi scenari di trasformazione non ci si deve limitare a ritagliare provvisori spazi di lotta, limitarsi ad una rivendicazione de minimis, minimale, bensì è necessario lottare per cambiare tutto! In ballo non ci sono più le singole rivendicazioni contrattuali, le richieste di agevolazione al credito o di accesso al mutuo, la meritocrazia o il feticcio dell’efficienza. In ballo ci sono i più elementari diritti conquistati dopo anni di lotte e oggi rimessi in discussione da quella minoranza di uomini e donne che vanno a costituire ciò che noi definiamo potere, padronato, capitale. In ballo ci sono il diritto al lavoro, alla casa, allo studio, alla salute, tutti quei diritti connessi ad un’esistenza dignitosa e a quella giustizia sociale cercata da secoli, che seppure ancora inafferrabile, continuiamo a inseguire da una generazione all’altra, per il solo bisogno di inseguirla, perché è giusto così!
La lotta dei pastori e quella operaia, la lotta degli studenti e quella degli agricoltori strozzati dai mutui, la lotta del movimento per la casa e quella dei precari del pubblico impiego e dei disoccupati, a nostro avviso richiedono la costruzione di un forte ed unitario soggetto sindacale confederato, conflittuale e democratico, capace di riorganizzare quella disponibilità al conflitto che è emersa nel corso degli ultimi anni in Sardegna. A richiederlo è la risposta inefficace che la frammentarietà di tutte queste lotte produce: non si è risolto il problema delle campagne, né quello della casa, neanche quello della disoccupazione.
L’entrata in campo conflittuale della generazione senza futuro come oggi sentono di essere gli studenti e i precari, unitamente a quella dei pastori e degli operai ricattati dagli industriali e dalla politica, spazza via ogni legame opportunistico e clientelare che ha costituito la forza della concertazione politica e sindacale degli ultimi decenni. Per questo un buon banco di prova per costruire un fronte di lotta unitario è rappresentato dalla presenza del Ministro Sacconi e del presidente Cappellacci ad Olbia, il 24 gennaio, dove in un convegno in cui si parla di lavoro, noi porteremo la voce di chi non è stato nemmeno invitato a parlare: quella dei lavoratori, dei disoccupati, dei precari, degli studenti, dei sardi che vogliono ridare una speranza a un regione dilaniata dalla corruzione economica, industriale, etica e culturale.
Invitiamo singole persone, movimenti, organizzazioni, alla partecipazione, al confronto, alla costruzione di un coordinamento popolare sardo contro la crisi.
MANIFESTAZIONE presidio
contro le politiche del governo, la disoccupazione, il precariato
OLBIA, 24 gennaio 2011 ore 9 fonte museo archeologico