Il voto del mattone del brillante titolo del ‘Manifesto’ di qualche giorno fa non evoca in me solo il prevalere della speculazione edilizia. Mi ricorda l’omonimo ballo, come riduzione minima vitale, tipica dello spazio assai limitato di una mattonella o poco più. Ci stanno togliendo, assieme al lavoro e al futuro, gli spazi migliori, belli, aperti, sani. I nostri paesaggi.
La base fondamentale di una corretta esistenza biologica è la cura dell’ambiente, ciò “che sta attorno a noi’, che percepiamo sensorialmente giorno dopo giorno: la sua salute é condizione di sviluppo basilare per le nostre esistenze, poiché la bontà delle nostre esistenze è direttamente legata al suo stato di salute.
La ricchezza di un’agricoltura di qualità legata alle nostre comunità ed alle nostre bellezze paesaggistiche, viene depotenziata, gli spazi ridotti, l’identità frantumata dall’aggressione al paesaggio operata dalla destra al governo.
Ne è ultimo atto il recentissimo emendamento al ‘decreto milleproroghe’, con il quale si riaprono i termini (sino al 31 dicembre 2010) per chiedere il condono su illegalità e scempi scempi paesaggistici compiuti entro il 31 marzo del 2003.
E’ un vero piano casa retroattivo, il tassello più recente di un quadro ben strutturato che aggredisce il territorio e nel quale si assiste allo svuotamento progressivo delle norme di tutela, al massimo storico della debolezza.
Si tratta di una politica sciagurata, orientata al consumo del paesaggio ed alla sua modifica non sostenibile. Parlano di modernizzazione, ma l’ottica è pesantemente conservatrice. Invece di produrre un pensiero innovativo sulla gestione del territorio si ripropone, in maniera particolarmente dura, la vecchia saggia sicurezza che profitti (sicuri) e posti di lavoro (temporanei, ma reali) stiano per l’appunto nel ‘mattone’. Tutto ciò mentre diversi paesi cercano di orientare il loro sistema di sviluppo in direzione di un’economia ambientale più pulita e sostenibile (si veda la posizione dell’Italia nella recente statistica proposta dalle Università di Yale e di Columbia).
Il nostro rozzo capitalismo vuole solo costruire, condonare costruzioni abusive, edificare eliminando con l’emergenza ogni controllo che la democrazia e la storia della tutela hanno costruito nel Novecento.
Le azioni sembrano svilupparsi quindi su due linee perfettamente integrate: una prevalenza, più che del costruire ex-novo, del condonare e derogare, che produce effetti vastissimi sul territorio (non solo su quella parte pregiata che insiste sulla fascia costiera); poche ma mirate ‘grandi opere’ per grandi cantieri e grandi accordi territoriali: capofila, il delirante e pericoloso Ponte sullo Stretto e la TAV. Si cerca di aggirare il sistema della tutela, e il paesaggio che da esso, in nome dell’art. 9 della Costituzione italiana (naturalmente attendiamo anche su quest’articolo la sensibilità ed il genio politico di Brunetta), dovrebbe essere salvaguardato, attraverso gli accordi particolareggiati urbanistici (c.d. legge Lupi) e l’emergenza, con ruolo centrale di sistema della Protezione Civile, ancora una volta strettamente legata alle scelte politiche della Presidenza del Consiglio. Non è casuale la futura nomina-premio a Ministro di Bertolaso (elargita pubblicamente con toni da vero padrone), che è persino stato, senza imbarazzo, commissario delle Soprintendenze archeologiche del Lazio e di Ostia Antica.
In Sardegna la deriva, ed i rischi, appaiono evidenti, sia dal punto di vista della tutela del paesaggio che da quello dei beni culturali. Mentre stanno acquisendo credito presso gli assessorati della regione Sardegna, a quanto sappiamo, i creatori di falsi miti e testi pseudo-scientifici sulle antichità sarde (ma la strada era già stata spianata, con evidente modulo ricorrente, dal centro-sinistra), procede la devastazione programmata dell’area del colle di Tuvixeddu e la politica del piano-casa. L’assenza di qualsiasi linea da parte dell’Assessorato Regionale, se pare corrispondere come programma e iniziativa politica ad un tracciato da encefalogramma piatto, di fatto opera come un via libera assoluto. I nostri beni culturali soffrono più di ogni altro complesso le linee nazionali liquidatorie di Bondi. Negli organi periferici, ovvero le soprintendenze, i funzionari dirigenti sono nuovi; molti direttori vanno in pensione o scappano all’Università (una linea di fuga peraltro sempre più stretta); i dirigenti scomodi o sono stati trasferiti o sono a minaccia di trasferimento. Non vi è neppure il bilanciamento di qualche azione vigorosa dalla Regione Sarda. E in tale contesto, di estrema debolezza (azione assente, parchi e aree abbandonati, licenze e condoni edilizi), desta allarme oggettivo il declino dei poli sui beni culturali e i pericoli che incombono sulla Facoltà di Architettura di Alghero che, pur fra non poche contraddizioni, produce azioni e intelligenze rilevanti che si orientano – con riconoscimenti nazionali e internazionali – sullo sviluppo creativo e sostenibile del territorio. Nè si coglie – forse per cointeressamento bipartisan (l’avevamo visto anche nelle logiche del mattone) – come dietro il dramma Alcoa e la crisi dello sviluppo si stiano costruendo i presupposti per lo sdoganamento di quell’energia nucleare destinata (ma non capite, per forza Alcoa va via, con l’energia così cara!!!) – a salvare l’occupazione…
Indebolimento della tutela, svuotamento della formazione ed attacco speculativo al territorio viaggiano quindi assieme. Sono punti essenziali che meriterebbero una critica politica ed un programma alternativo in questa fase, che non dovrebbero essere secondari nello stesso confronto elettorale, almeno nominalmente così legato ai territori. Ma ciò che sinora emerge a sinistra, in modo preoccupante, non autorizza all’ottimismo: contenimento dei danni ma nessun tentativo di confrontarsi con una possibile nuova economia dell’ambiente e della cultura, di riproporre in maniera aggiornata il concetto dello sviluppo pulito e sostenibile e dell’occupazione ad esso legata. Se le idee del centro-destra sardo sono davvero emanazioni coloniali, quelle dell’opposizione talora neppure quello. Per fortuna che l’on. Pirisi a Nuoro ha scoperto l’importanza del Parco Nazionale del Gennargentu.
Marcello Madau - www.manifestosardo.org