Attaccare il dipendente pubblico per attaccare e smantellare la pubblica amministrazione, consegnandola ai privati e trasformare quel che resta in una rete di servizi funzionale alle sole imprese: questo il vero obiettivo del Governo, mentre i cittadini verranno privati dei loro diritti costituzionali come il diritto alla salute, all’istruzione, alla previdenza pubblica, alla giustizia.
Il modello della riforma è quello Alitalia: svendere ai privati le prestazioni remunerative e distruggere quelle sociali e non produttive, con spregio di lavoratori e cittadini.
La campagna contro i fannulloni è funzionale all’attacco che si sta sviluppando a tutto campo e che coinvolge contratti, salari, organizzazione del lavoro, futuro occupazionale, condizioni di vita, pensioni, dignità, ruolo sociale.
L’obiettivo è la cancellazione delle funzioni dello Stato, che diventa sempre più inesistente attraverso la svendita del proprio ruolo di garante del patto sociale.
I diritti conquistati vengono duramente colpiti e rappresentati come privilegi, con la complicità di cgil, cisl uil a cui si aggiunge anche l’ugl, di cui non si sentiva certamente la mancanza!
Lo stato sociale è ostacolo allo sviluppo economico: questo il messaggio che sedicenti industriali e “pappagalli della sottopolitica”, finanziati dallo Stato, cioè da tutti noi, vanno ripetendo per convincerci che bisogna accettare di ritornare alle condizioni degli anni cinquanta.
La competitività del sistema Italia passa attraverso la devastazione sociale, la negazione dei diritti, l’abbandono della solidarietà, la sconfitta dei dipendenti pubblici.
Da questi processi di trasformazione si uscirà con un sistema sociale diverso dall’attuale, senza garanzie e senza diritti: una trasformazione profonda che pagheranno tutti, lavoratori pubblici e privati, e cittadini.
Unica soluzione a questo stato di cose è ripristinare un patto fra tutti i soggetti interessati alla trasformazione; un patto capace di riaprire una nuova, forte stagione di lotte in grado di riconquistare i diritti sociali e di invertire una politica fino ad oggi ad esclusivo favore delle classi più forti del Paese.
SANITÀ E NUOVO SISTEMA SANITARIO
Il sistema sanitario passa da un attivo nel 1989 di 374 miliardi a passivi miliardari, nonostante fino al 2006 si siano chiusi ben 288 ospedali e siano stati cancellati 83.231 posti letto gestiti dal servizio pubblico. Questo dimostra che evidentemente non sono le spese sostenute per la cura alle persone che generano il deficit. Nonostante questo si continuano a chiudere strutture, a negare servizi e prestazioni, privilegiando il privato, con i risultati scandalistici noti a tutti. Le condizioni di vita e di lavoro degli operatori sono spaventose, con carichi di lavoro inaccettabili ed inevitabili rischi non solo per i lavoratori ma anche per i pazienti. Come vengono ripagati gli operatori sanitari? Con mobilità, “arresti domiciliari” per malattia, deprofessionalizzazione e demansionamento, salari da fame. O con l’accusa di essere i responsabili di casi di malasanità, imputabili viceversa ad incapacità organizzativa, a mancanza di mezzi, a volontà politiche ben precise.
QUALE MODELLO DI GIUSTIZIA?
Una giustizia che non dia fastidio ai potenti, anzi subordinata alle esigenze di imprenditori vivaci e spregiudicati. Dal 1998 ad oggi la dotazione organica del personale è stata ridotta di oltre il 20% (si è passati da 53.000 unità a circa 41.000) e le spese per il funzionamento della Giustizia si sono più che dimezzate. Risulta però che il Ministero della Giustizia è indebitato, verso terzi, per oltre 2 miliardi di Euro: di chi è la colpa? Dei fannulloni o delle politiche scellerate dei vari Governi? Peccato che a farne le spese sono i lavoratori amministrativi, costretti a pesantissimi carichi di lavoro in condizioni ambientali troppo spesso inaccettabili e senza aver mai beneficiato della benché minima progressione di carriera. Eppure è solo grazie all’impegno personale di ciascun lavoratore della Giustizia che, nonostante tutto, la baracca sta ancora in piedi!
SCUOLA E UNIVERSITÀ
Anche la scuola è vista in funzione subordinata rispetto alle esigenze del sistema produttivo. Una scuola che si vuole sempre più dequalificata perché non serve, anzi è pericoloso, imparare a pensare. Si devasta la scuola primaria attraverso l’introduzione della figura del maestro unico di deamicisiana memoria e attraverso l’attacco al tempo pieno. Non solo tagli, pesantissimi, al personale, ma la proposizione di un modello certamente non funzionale alla conoscenza ed al sapere. Si devasta l’università con l’introduzione delle fondazioni private, con lo scorporo dei policlinici verso un futuro non chiaro. Il personale scolastico a cui viene continuamente negato il proprio ruolo e il riconoscimento della funzione svolta, convive con un precariato dai numeri esponenziali che somma a questa condizione quella, inaccettabile, di instabilità sul piano lavorativo, ma anche personale.
PENSIONI E PARASTATO
Anche qui il vero disegno è distruggere la tutela pensionistica pubblica: questo il vero scopo delle riforme che a partire da quella Dini continuano a succedersi nel tempo. Ora, attraverso un disegno di legge delega, si apprestano a modificare di nuovo in peggio il sistema. Nonostante il fallimento, ormai evidente, dei fondi pensione, si continua a battere su questo tasto, nel tentativo di convincere i lavoratori della bontà di investimenti che, le cronache di questi giorni lo confermano, si traducono in vere e proprie sciagure per chi affida il proprio futuro a sciacalli della finanza. In questo contesto la riforma degli Enti previdenziali assume un significato ben preciso: non razionalizzazione a difesa del sistema previdenziale pubblico ma “sinergie” finalizzate alla sua trasformazione. L’attacco al salario accessorio deve essere letto come il tentativo di attaccare le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori del comparto, indebolendone la capacità di resistenza e allo stesso tempo inchiodandoli ad un’inevitabile lotta di difesa salariale in modo da distogliere la loro attenzione dal vero obiettivo ormai chiaro a tutti.
FISCO E AGENZIE FISCALI
La modifica del comma 165 ha previsto per il personale delle Agenzie fiscali la decurtazione di una consistente parte di salario destinato a remunerare il lavoro svolto dal personale nel 2007. Un furto ad un diritto già acquisito! Con la legge 133 vengono azzerate le risorse per tutto il 2009 e per l’anno in corso c’è il rischio concreto che non ci siano stanziamenti. I mancati investimenti sulla macchina fiscale, operati da Brunetta e da Tremonti, sono il chiaro segno che la stagione della lotta all’evasione fiscale è ormai chiusa per sempre e che la nuova pace siglata tra Governo ed evasori richiede una politica di disincentivazione alla produttività. Le Agenzie Fiscali sono l’unica struttura in grado di garantire l’indispensabile recupero di gettito utile a far uscire il Paese dall’attuale fase di recessione, consentendo, con la redistribuzione di reddito, di dare respiro alle fasce più indigenti.
MINISTERI E RIFORMA DELLO STATO
L’idea di uno Stato “leggero” si traduce con il ritiro dello Stato dal territorio in termini di servizi e di controlli, lasciando spazio ai privati che utilizzano le funzioni pubbliche per i propri affari: emblematica l’ultima direttiva del ministro del Lavoro Sacconi in materia di vigilanza sul lavoro che impedisce agli Ispettori di sanzionare le aziende inadempienti. I bilanci per il funzionamento dei vari ministeri vengono ulteriormente decurtati dalla legge 133; il salario accessorio legato alla funzione annullato per il 2009 e ridotto per gli anni successivi; i ministeri si “spacchettano” e si “rimpacchettano” a seconda delle esigenze politiche delle coalizioni che si alternano al potere; prende più vigore la chiusura delle sedi periferiche legata a processi di ristrutturazione, già in attuazione presso il MEF (con 80 sedi provinciali) e presso la Difesa, con lo smantellamento di tutta l’area industriale (5000 dipendenti). I lavoratori subiscono tali trasformazioni con processi di mobilità, differenze salariali, cambiamento di funzione.
ENTI LOCALI
Non c’è niente di più destabilizzante dei patti di stabilità imposti dal governo. Con il ricatto finanziario si scaricano su tali enti spese, tagli, tasse. Ormai di riduzione delle tasse se ne parla sempre meno ed attraverso il federalismo fiscale si cerca di scaricare sugli Enti locali l’onere di tassare i cittadini, pena la riduzione concreta dei servizi con il conseguente prezzo politico elevato da pagare in termini elettorali.
CONTRATTI E RELAZIONI SINDACALI
Che la contrattazione fosse ridotta ad una pantomima era già noto, ma ora se ne decreta la fine attraverso la mano libera del governo che autodecide aumenti e tempi dell’erogazione, indipendentemente dalla trattativa sindacale. Il confronto è previsto solo sul piano del coinvolgimento politico delle confederazioni; le categorie non hanno più alcun ruolo se non quello di applicare tecnicamente le decisioni prese da altri. La diversa composizione dei comparti consente, con il ricatto della maggior rappresentatività, di piegare alle scelte governative i sindacati concertativi, che sono ormai arrivati a concertare la fine della loro funzione! In cambio riceveranno la possibilità di divenire agenzie finanziarie di cogestione, attraverso l’ingresso massiccio negli Enti bilaterali.
NEL FRATTEMPO...
L’uscita del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco dai comparti pubblici contrattualizzati ha significatoil suo spostamento sempre più verso funzioni di supporto all’ordine pubblico e sempre meno verso funzioni di prevenzione e di Protezione Civile. Visti gli enormi interessi economici e politici che vi gravitano intorno, le funzioni della Protezione Civile vengono sempre più affidate al volontariato ed ai privati, con conseguenze disastrose per l’incolumità dei cittadini. Il personale, altamente professionalizzato, non viene messo in condizione di poter operare adeguatamente per la forte carenza di mezzi, attrezzature, risorse ai Comandi provinciali e di operatori, con il risultato della chiusura di molte sedi operative. Un precariato ad ore diffuso ripropone il problema del futuro del Corpo oltre a quello, chiaramente, dei precari.
IL LORO PIANO INDUSTRIALE PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Il piano industriale per la pubblica amministrazione altro non è che la strategia di attacco allo stato sociale e al ruolo che l’amministrazione pubblica esercita nel Paese e nel rapporto tra i cittadini e tra loro e lo Stato. Tutti sono coinvolti, i precari ormai destinati all’uscita dal lavoro e ad essere sostituiti da altri nello stesso ruolo; la dirigenza che va incontro ad una vera e propria pulizia etnica per essere sostituita da una tecnocrazia che non ha la funzione di migliorare l’esistente, ma di dissolverlo, per realizzare i piani governativi; i cittadini che si vedranno privati di servizi essenziali; i lavoratori doppiamente penalizzati come dipendenti e come utenti. La difesa della pubblica amministrazione come funzione e ruolo sociale è un elemento di attacco al piano governativo che non prevede miglioramenti, ma solo devastazione. Oggi siamo costretti a difendere la funzione della Pubblica Amministrazione come erogatrice e garante dello stato sociale: il confronto sul suo funzionamento deve essere necessariamente rinviato a domani.
VENERDI' 17 OTTOBRE
SCIOPERO GENERALE
INTERA GIORNATA
MANIFESTAZIONE NAZIONALE A ROMA
ORE 9,30 CORTEO
DA P.ZZA DELLA REPUBBLICA A P.ZZA SAN GIOVANNI