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Comunicati generali Gli editoriali

La manovra rimodulata secondo le esigenze politico/elettorali del Centro destra colpisce i soliti noti

Nazionale,

Dopo il balletto delle due ultime settimane, la maggioranza governativa sembra aver trovato la quadra sulle modifiche alla manovra varata il 13 Agosto scorso sotto l’incombere dei mercati e i diktat dell’Unione Europea, ma ancora una volta chi ci rimette  sono i settori più disagiati della  società e i lavoratori dipendenti.


Mentre da una parte si elimina il contributo si solidarietà per i percettori di redditi superiori ai 90.000 euro annui (che resta però  in vigore per  coloro i quali tra i dipendenti pubblici e i pensionati superino tale soglia)  dall’altra rimangono inalterati i tagli ai dipendenti pubblici, che non solo vedono confermato  il blocco dei contratti, il congelamento delle tredicesime nel caso del mancato rispetto del taglio dei costi da parte degli enti e amministrazioni pubbliche e il rinvio di due anni della liquidazione. Misura in vigore a partire da gennaio 2012, di facilissima realizzazione, molto meno impegnativa che far pagare le tasse a chi evade o impegnarsi in un’efficace lotta contro la corruzione, che pesa sui bilanci pubblici per  miliardi di euro!


Naturalmente rimangono confermati i tagli di spesa ai ministeri per 6 miliardi entro il 1° aprile del prossimo anno, che concretamente si traducono nell’azzeramento delle funzioni centrali dello stato e nello smantellamento della pubblica amministrazione. Tagli da realizzare anche con la riduzione dei fondi FAS, in particolare relativi agli investimenti destinati alla banda larga e alla prevenzione del dissesto idrogeologico,  misure che la dicono lunga sulla lungimiranza della compagine governativa in relazione a progetti di sviluppo economico e alla difesa del territorio in un paese che ad ogni pioggia un poco fuori dal normale subisce  eventi catastrofici!


Rimane inalterata anche la riduzione del 10% della spesa relativa al personale del pubblico impiego da realizzare o attraverso il taglio della retribuzione accessoria o attraverso la riduzione dei dipendenti o attraverso la mobilità coatta anche fuori regione.


La scure sulle pensioni non si allenta anzi  di fatto si cancella il diritto ad andarci dopo 40 anni di contributi, visto che il riscatto del militare e dei periodi universitari, pagati a caro prezzo,  non varranno più come anni di servizio.

Rimangono le determinazioni previste nella versione precedente con l’aumento graduale per tutti dell’età pensionabile  a 65 anni entro il 2028, oltre al posticipo di un anno determinato nel 2012 dalla  finestra unica e all’allungamento del periodo lavorativo legato all’aspettativa di vita. Eravamo stati facili profeti  quando denunciavamo che l’allungamento dell’età pensionabile per le dipendenti pubbliche, già in vigore dallo scorso anno, sarebbe stata la porta d’accesso per l’estensione della stessa misura, seppure in tempi più lunghi, anche per il settore privato.


Viene confermato lo spostamento  delle festività non  religiose,  1° maggio, 25 Aprile e 2 Giugno, cosa che testimonia di  un livore ideologico straordinario nel voler cancellare ogni traccia dei valori fondanti la nostra repubblica che, non dimentichiamo,  secondo la Costituzione è nata dalla Resistenza e fondata sul lavoro.


Rimangono i tagli agli  Enti Locali, che vengono ridotti di soli 3 miliardi, con conseguenti drastiche riduzioni o addirittura azzeramenti dei servizi sociali e assistenziali, considerato che la scure sui trasferimenti statali si abbatte ormai da oltre un decennio su regioni, comuni e province.


La marcia indietro sull’eliminazione dei piccoli comuni e su parte delle Province, che si rimanda ad un successivo disegno di legge costituzionale,  non può nascondere  il fatto che per limitare tali perdite questi enti stanno già decidendo vistosi aumenti delle tariffe dei servizi pubblici locali e delle addizionali IRPEF, a pagare insomma saranno i soliti noti, lavoratori dipendenti e poveracci.


Alla favoletta delle misure entievasione e antielusione, come pure a quella degli accertamenti patrimoniali da condurre a livello locale non crede proprio più nessuno! Ben diversa sarebbe stata la tassazione dei grandi patrimoni, mobiliari ed immobiliari,  visto che su 150 miliardi di entrate fiscali bel 126 vengono dalle buste paga! Quella sì che sarebbe stata un’efficace misura antievasione!


La scure si abbatte anche sulle cooperative, con l’eliminazione delle misure di vantaggio fiscale  di cui godono; da tempo la grande distribuzione privata tuonava contro questi vantaggi. Ma chi sarà a rimetterci,  le grandi centrali cooperative o i consumatori che si troveranno i prezzi aumentati? La riposta non è difficile.


Rimane inalterata la decisione di procedere forzosamente, anche a fronte della contrarietà degli enti locali, alle privatizzazioni dei servizi pubblici locali - rifiuti, energia, trasporti, ecc – con l’arrogante disconoscimento della volontà popolare espressasi con i referendum del 12 e 13 Aprile scorso.


Ultimo ma non per importanza il commento sul mantenimento del famigerato articolo 8, quello che tramuta in legge il vergognoso accordo del 28 Giugno scorso, che mentre offre una copertura legislativa retroattiva alla FIAT, rispetto agli accordi e ai contratti per Pomigliano e Mirafiori, aggira di fatto l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori introducendo deroghe alla giusta causa; libertà di licenziare, quindi. Servono a poco le lacrime di coccodrillo  della CGIL, firmataria dell’accordo insieme a CISL e UIL, che oggi piange per la cattiveria di Sacconi, quando è stato proprio quest’accordo  a dare il via libera a questa flessibilità in uscita tanto agognata da Confindustria.


Una manovra che ha accentuato ancora di più il suo segno di classe ma che già si preannuncia non sufficiente, visto che alcune delle nuove misure non sono facilmente quantificabili o foriere di effettivi risparmi!


Un massacro sociale senza precedenti, di carattere recessivo  che, accompagnandosi al ribasso sulle stime  del PIL  per l’anno prossimo annunciato dal Fondo Monetario Internazionale,  da una parte fa prevedere l’arrivo di altre manovrine di aggiustamento entro la fine dell’anno, dall’altra preannuncia l’aumento della disoccupazione e la perdita di posti di lavoro,  il rischio per molti di non raggiungere la pensione, la distruzione della contrattazione collettiva nazionale continuando a premiare evasori,  corrotti e corruttori e speculatori di ogni risma.


Proprio ieri Wall Street ha azzerato in una sola seduta le perdite di tutto l’anno: forse questo dovrebbe farci riflettere sull’ assunzione a religione, a comandamento dell’andamento del Dio Mercato, tanto da far dipendere da esso la vita di milioni di persone e di interi stati.


E mentre banchieri, finanzieri, speculatori, continuano ad accumulare immense ricchezze, i nostri salari perdono potere d’acquisto a  vista d’occhio. Per capire di quanto basta osservare che l’ISTAT ha fissato l’indice IPCA di rivalutazione delle paghe per il triennio 2011/2013 al 6,2%;  considerando che già questo indice è depurato degli effetti della dinamica dei beni energetici importati,  che i contratti pubblici sono già stati bloccati per legge e che anche molte categorie del privato, vedi i trasporti, sono a loro volta fermi per indisponibilità delle controparti proprio sulla parta economica, possiamo renderci conto  della perdita salariale subita dai lavoratori dipendenti.

 

A questo punto è necessario ancor di più scioperare il 6 settembre con i sindacati di base USB, CIB-Unicobas, SLAICobas, SICobas, SNATER, USI, ORSA  ed  avviare una lunga e determinata mobilitazione in tutto il paese contro le manovre del governo, contro il governo delle banche e dei poteri forti dell'Unione europea, contro chi ci sta facendo pagare la crisi producendo povertà e ingiustizie sociali.