Durante la seduta della seconda commissione comunale del 3 dicembre, dedicata alla programmazione in materia ambientale, l’assessora Viviani ha confermato di essere a conoscenza del rapporto dell’Autorità Portuale secondo cui le navi emettono oltre cinque volte il biossido di azoto di tutti i veicoli di Livorno e oltre quattro volte il particolato fine.
L’assessora ha voluto precisare che secondo Arpat questa situazione riguarderebbe non la generalità della città, ma solo il porto, aggiungendo che, se venisse messa una centralina sulle banchine, evidentemente quei dati altissimi di inquinanti verrebbero confermati.
Al di là dei forti dubbi sul fatto che questi veleni si trattengano solo in porto, sentir dire come se niente fosse dall’Assessora all’ambiente che sulle banchine l’aria è altamente tossica ci stupisce e ci indigna.
Ha cercato di rimediare il Dirigente Gonnelli, sostenendo che “la centralina non deve essere messa in porto, perché probabilmente, nel momento in cui dalle ciminiere va via del contaminante, questo contaminante va lontano, non è che va sotto”. Si tratta di un’affermazione approssimativa e inaccettabile nel momento in cui si parla della salute dei lavoratori portuali.
Anche perché esistono dati sperimentali che dicono esattamente il contrario: il 17 ottobre scorso, a Livorno, il chimico Axel Friedrich ha compiuto rilevazioni in ambito portuale con uno specifico apparecchio che misura le nanoparticelle più piccole di un decimillesimo di millimetro. È emerso che a fronte di un numero medio accettabile di 2/3.000 particelle ultrafini per centimetro cubo, sotto i camini fumanti delle navi questo numero raggiunge le 200.000/230.000 unità. Questo è ciò che lavoratori portuali, marittimi e piazzalisti respirano tutti i giorni. Così come richiesto dall’associazione Porto Pulito anche come sindacato USB chiediamo che sia immediatamente installata una centralina fissa Arpat vicina alle navi. Il primo passo per affrontare una problematica e possibilmente risolverla è quella di ammettere che il problema esiste. Mentre è evidente che da sempre in porto esiste una coltre di omertà e sottovalutazione in merito alle conseguenze sulla salute dei lavoratori. Così come successo inizialmente per i fumi tossici sprigionati dagli sfiati del carburante sulle navi Eurocargo Grimaldi dal ponte tre. Per anni i lavoratori sono stati mandati a lavorare su quel ponte, anche durante le operazioni di bunkeraggio, senza nessun dispositivo di protezione. Solo adesso, con impegno e fatica degli RLS, l’ASL si è decisa a emettere alcune prescrizioni e la società Grimaldi si è trovata costretta a installare alcuni filtri.
Salute, sicurezza e lavoro devono andare di pari passo. Non siamo più disponibili a chiudere gli occhi di fronte a questa situazione ed invitiamo i lavoratori a rifiutare il vecchio ricatto: “se vuoi lavorare devi fare finta di nulla”. Rifiutare le vergognose provocazioni di chi dice “allora chiudiamo il porto”. Provocazioni che servono solo ad evitare che le società private e le istituzioni pubbliche siano costrette ad investire le risorse necessarie per salvaguardare la salute di lavoratori e cittadini. Servono a lasciare tutto così com’è e far ingrassare armatori e terminalisti sulla pelle di chi si spacca la schiena in banchina e poi, magari dopo anni di lavoro, si ritrova a combattere contro un tumore.
USB Livorno
Aderente
alla FSM