L'appuntamento contrattuale, generalmente vissuto nei luoghi di lavoro con rassegnazione e ritualità, anche per effetto di decenni di mortificanti contrattazioni al ribasso, si è trasformato nelle Funzioni Centrali in una
importante occasione di partecipazione e dinamismo.
A dispetto di chi pensava di risolvere la partita contrattuale cancellando totalmente la questione salariale (aumenti del 6% a fronte di una inflazione nel triennio stimata al 16%), l'abbandono del tavolo da parte dell'USB, avvenuto recependo l'appello di circa 2000 rsu, ha rimesso prepotentemente al centro quella emergenza salariale che coinvolge tutte le categorie ed anche i dipendenti pubblici. Ed ha, inoltre, posto una questione dirimente: recepire le risorse per i rinnovi contrattuali pubblici e quindi rilanciare il welfare, invece di finanziare la vertiginosa corsa agli armamenti ed assicurare gli extra profitti alle banche.
In questo scenario l'abbandono del tavolo da parte di USB è stato un gesto capace di smascherare una
contrattazione da troppo tempo svilita di senso e ridotta a pratica notarile per effetto degli accordi del '92/'93 e che, in questa occasione, registrava stanziamenti economici ben al di sotto dell'inflazione ed assoluta irrilevanza delle modifiche normative.
Le assemblee svoltesi in centinaia di luoghi di lavoro e che hanno votato una mozione che rigettava un contratto al ribasso, hanno condotto al partecipato sciopero della categoria indetto da USB il 31 ottobre e poi ancora a quello generale confederale del 13 dicembre, con al centro la questione salariale anche nel settore pubblico.
Un piano di intervento politico che ha avuto la capacità di portare la vicenda contrattuale dalle segrete stanze dell'Aran fin dentro i luoghi di lavoro.
Il referendum, congiuntamente indetto con CGIL e UIL, ha rappresentato la naturale prosecuzione del percorso: mentre Cisl e pseudoautonomi si apprestano a rendere definitivo un contratto in assenza di qualsiasi confronto con lavoratrici e lavoratori, la consultazione sull'ipotesi di contratto ha messo al centro del discorso il tema della partecipazione e della presa di parola di chi quel contratto lo deve vivere quotidianamente nei posti di lavoro.
Nonostante l'ostracismo delle amministrazioni, le difficoltà tecniche e la scomposta campagna di disinformazione da parte della Cisl e del sindacalismo sedicente autonomo ma in realtà totalmente prono al Governo, circa 40.000 lavoratrici e lavoratori delle Funzioni Centrali hanno sentito la necessità di pronunciarsi sul loro contratto travolgendo con il 98% di NO l'ipotesi di CCNL.
È dentro questo scenario di democrazia e partecipazione che deve leggersi tutto il percorso che ha caratterizzato questa vicenda contrattuale.
Stride l’immagine di quella risicatissima maggioranza sindacale che si è assunta la responsabilità di firmare il peggior contratto della storia del pubblico impiego senza alcun coinvolgimento delle lavoratrici e dei lavoratori, al cospetto della mobilitazione messa in campo in questi mesi: autoreferenzialità contro democrazia e partecipazione.
La coerenza che ha caratterizzato la nostra azione sindacale ci proietta immediatamente verso l'appuntamento di aprile per il rinnovo delle RSU nel pubblico impiego: un'occasione per rilanciare il ruolo delle RSU, delegittimare chi ha siglato un contratto che impoverisce i dipendenti pubblici e rendere più forte l’USB, che da sempre fa dell'indipendenza dai governi, della partecipazione e del conflitto il centro della sua azione sindacale.
Non sprechiamo questa occasione, è il momento di reagire, partecipare, candidarsi, dare forza a USB