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Trasporti // Iniziative nazionali // Editoriali

Salario perduto, negazione di democrazia e conflitto nei luoghi di lavoro: i trasporti USB saranno in piazza il 5 aprile per il salario e contro il riarmo

Roma,

Repetita iuvant! Non serviva la conferma dello IOL sulla perdita secca dell’8,7% del potere d'acquisto, patita dai lavoratori italiani negli ultimi anni, ma adesso davvero nessuno può mettere in dubbio il crollo dei salari in Italia. Invece, c’è molta più timidezza nel dire quali siano i veri problemi di un sistema di rappresentanza sindacale e di contrattazione che ha ridotto il lavoratore italiano alla barzelletta d’Europa e non solo.

I trasporti sono l’emblema di questo disastro: da settori ambiti che trainavano lo sviluppo generale del lavoro e del Paese si sono trasformati dopo anni di tagli salariali, liberalizzazioni selvagge, peggioramento delle condizioni di lavoro e precarizzazione, a posti dai quali si scappa a gambe levate.

Da tempo stiamo denunciando il fatto che proprio nei trasporti il crollo dei salari in Italia si lega anche ad altri due fattori troppe volte sottovalutati o ignorati: la progressiva espulsione di qualsiasi forma di democrazia, che sta ormai interessando tutti i settori in modo trasversale, unita alla continua riduzione degli spazi di sciopero grazie a una legge iniqua e usata largamente per tutelare le parti datoriali.

Negli ultimi mesi sono stati rinnovati i contratti nei settori dei marittimi, dei porti, della logistica e degli autoferrotranvieri con aumenti inferiori al 6% medio annuo a fronte di un’inflazione conclamata superiore al 17%, lasciando più del 10% in tasca delle aziende.

Tutto ciò è avvenuto senza discutere una piattaforma prima con le categorie e senza sottoporre il contratto a un referendum. Addirittura si è riaperto la trattativa del contratto del Trasporto Aereo senza che ci sia stata neppure la minima consultazione, neanche per sbaglio.

Se, come nel caso più eclatante dei ferrovieri ma anche del trasporto pubblico locale, i padroni ignorano scioperi (la forma più democratica di partecipazione dei lavoratori e lavoratrici) partecipati dal 60 all’80%, perché le regole impongono durate limitate, la garanzia del 50% dell'attività e rarefazioni allucinanti, alla fine conviene scaricare sull’utenza l’incapacità di ascoltare le richieste delle categorie.

È incredibile come nella più grande azienda italiana -il Gruppo FSI- o n ella più grande azienda di trasporto pubblico di Europa -l’Atac di Roma-, le RSU siano scadute da più di 7 anni ma si impedisce il rinnovo mentre la prassi dappertutto è ormai la nomina delle Rappresentanze Aziendali dall'alto.

Il comparto dei trasporti è solo la punta più visibile dell’iceberg di quello che accade al lavoro in Italia.

Convincere la classe lavoratrice che non ha diritto di opinione o di parola e che lo sciopero è ormai un esercizio sterile quanto inutile è la grande arma che è stata messa in mano da troppi anni a chi ci sottrae i nostri salari da parte dei governi di tutti i colori e dai quei sindacati ormai ridotti a notai in difesa solo delle proprie egemonie e prebende. E poi ci sorprendiamo che la gente non vada più a votare.

È l'ora di riprendersi la parola, la pratica democratica nei luoghi di lavoro e ricostruire lo spazio del conflitto senza il quale le rivendicazioni contrattuali diventano quasi elemosina.

Per questo, porteremo il patrimonio di discussione dell'assemblea di tutti i trasporti tenuta a Bologna dentro la piazza del 5 aprile a Roma per il salario e contro del riarmo.