Quanto è accaduto in occasione della doppia convocazione sul tavolo regionale di martedì scorso ha veramente dell’incredibile, sotto qualunque punto di vista lo si consideri. Ma procediamo con ordine.
Prima convocazione alle ore 14.30 per definire orario di lavoro (e straordinario) nel periodo estivo della sede regionale, per la quale ci è sembrato corretto che lo stesso venisse uniformato a quello dell’intera area metropolitana. Facciamo anche notare che l’accordo già definito tra le parti il 9 giugno u.s. prevedeva la chiusura degli sportelli dal 30 giugno al 1° settembre compresi, dopo disattesa. Le risposte farfugliate non sono affatto convincenti. La sede regionale ha “una sua particolare specificità” e poi deve restare sempre aperta (?). Non c’è alcun budget per lo straordinario nelle altre sedi, neppure per progetti mirati (?). Se infine il direttore dell’area metropolitana ha cambiato idea (chissà poi perché), modificando unilateralmente l’accordo (?), bisogna comunque rivolgersi a lui.
Della serie, le poche regole che abbiamo fissato, le stravolgiamo come ci pare. Seconda convocazione alle ore 15.00 e questa volta si tratta di fissare le nuove modalità organizzative del front line nel Lazio visto il caos di fatto provocato da questa riorganizzazione. Si affrettano a spiegarci tre cose: si tratta di “working in progress” (cioè andiamo avanti per tentativi), è indispensabile che ruotino al front line il maggior numero di persone e l’obiettivo resta quello di uniformare. In realtà, ci sono sedi che risultano già partite (Roma Eur), sedi che stanno per farlo adesso (Flaminio), sedi che hanno stoppato tutto (Monteverde) e sedi che hanno già comunicato che se ne riparlerà forse dopo la pausa estiva (Casilino). Stessi identici problemi evidenziati nelle altre sedi, eccezion fatta per Pomezia, una vera e propria isola felice dove, a detta della CISL, c’è grande disponibilità.
Abbiamo a questo punto fatto presente che, in assenza di adeguata formazione e del necessario supporto informatico, non è possibile andare lontano, mentre sarebbe doveroso prevedere la certificazione delle mansioni svolte dai colleghi. In questa situazione di stallo si è inserita la UIL, proponendo incredibilmente la sottoscrizione di un “verbalino” peraltro senza che la stessa direzione regionale lo avesse richiesto! (Un po’ come quello siglato sul tavolo nazionale lo scorso lunedì per avere l’acconto sull’incentivo ordinario, in pratica... i nostri soldi!). La proposta iniziale prevedeva infatti soltanto la stesura di un “canovaccio” sul quale le singole sedi avrebbero dovuto esprimersi (entro il 20 luglio), per poter verificare poi la eventuale conformità di ciascuna di esse al modello in oggetto. Nonostante i reiterati tentativi di chiarimento da parte della USB, l’improvvido, inopportuno e francamente inatteso intervento della CGIL spiazzava i presenti, amministrazione compresa, rendendo di fatto inutile ogni successivo intervento e servendo sul piatto d’argento l’assist per la ratifica dell’ennesimo “verbalino”. Della serie, con queste cosiddette “regole”, partecipiamo anche noi allo sfascio. Non restava che rammentare, a ciascuno dei presenti, le proprie responsabilità in quella che sarà tristemente ricordata come una brutta pagina nella storia del nostro Istituto, un altro passo verso la privatizzazione.