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Lavoro privato

Unipol: Cimbri attacca la lotta di lavoratrici e lavoratori, ma sono loro a produrre la ricchezza del gruppo, altro che privilegi

Roma,

In questi giorni Carlo Cimbri, presidente dell’Unipol, infastidito dalla lotta delle lavoratrici e dei lavoratori del gruppo che, a ragione, si battono oltre che per i diritti e il salario anche per il mantenimento dello smart working, ha bollato questa mobilitazione come la difesa di un privilegio. Nel farlo, però, lo stesso Cimbri ha dimenticato di raccontare di aver ricevuto nel 2023 la bellezza di 5 milioni e 200mila euro di compenso per il suo incarico, pari a 120 stipendi annui di un lavoratore di fascia medio alta. Non ci sono ragioni per un simile compenso, neanche fosse un novello Re Mida: la ricchezza prodotta viene dai lavoratori dalle diverse aziende del gruppo, lavoratori che hanno permesso di realizzare quest’anno un utile di 1,12 miliardi di euro nel 2024, che solo in minima parte sono andati a sostenere le loro retribuzioni.

Uno striscione esposto dalle lavoratrici e dai lavoratori in sciopero a Bologna lo scorso 28 marzo recitava "la vostra ricchezza è il nostro lavoro”, per ricordare a Cimbri che i suoi guadagni milionari li deve allo sforzo dei dipendenti che si sono visti eliminare dal contratto aziendale il salario fisso, con la complicità delle organizzazioni sindacali che hanno firmato quegli accordi, e che sono stati sottoposti a pesanti processi di esternalizzazione negli ultimi anni.

La verità è che lo smart working viene utilizzato dall’Unipol solo quando conviene all’azienda per ridurre i costi, ma quando a chiederlo sono i lavoratori diventa un privilegio. In tema di privilegi, però, Cimbri farebbe meglio a tacere.

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