Che il governo Meloni non fosse amico dei lavoratori o degli studenti era chiaro sin dalla campagna elettorale. Ma che il ministro dell’Istruzione e del Merito - dopo l'operazione demagogica del cambio di nome del dicastero, la propaganda su aumenti e arretrati risultati esigui e non in linea con il necessario adeguamento dei salari dei lavoratori - parta all’attacco del diritto costituzionale allo sciopero senza alcuna remora per il ruolo istituzionale che ricopre, non fa che esasperare gli animi.
Dice Valditara che lo sciopero non funziona più. Su questo gli diamo ragione, ma per motivi ben diversi dalla sua volontà di unire le forze con Cgil, Cisl, Uil, Anief, Snals, Gilda. Il lavoro che è stato compiuto dai passati governi è stato il depotenziamento delle azioni di lotta nei “servizi pubblici essenziali”, a partire dalla legge 146/90, che causa difficoltà non indifferenti già nella procedura di avvio di uno sciopero, fino all’accordo sull’esercizio del diritto di sciopero del dicembre 2020, che mette in atto una serie di limitazioni nella Scuola, con la firma dei sindacati complici che da troppo tempo reputano lo sciopero un intralcio alla possibilità di gestire accordi e accordicchi con il ministro di turno, sulla pelle dei lavoratori.
La scuola pubblica statale resta un luogo di militanza politica: quando la politica dei palazzi del potere umilia l’Istituzione principale dello Stato, la risposta può essere solo la militanza politica volta a recuperare la dignità di docenti, personale ATA, studenti e famiglie.
USB Scuola chiede che il ministro corregga immediatamente le proprie affermazioni: la Scuola non è disposta a concordare cessione di diritti, di dignità lavorativa, di qualità culturale, di correttezza delle retribuzioni con chi tutto ciò ha demolito e continua a demolire con un velo di propaganda che lo sciopero, proprio quello, continuerà a strappare.
Che il nuovo anno le porti consiglio, ministro Valditara. A lei, a tutto il governo e al Parlamento.
USB Pubblico Impiego - Scuola