Non si è ancora spenta l’eco della cocente sconfitta rimediata esattamente una settimana fa dal cosiddetto capo del personale (a proposito ma fino a quando?) con un “completo proscioglimento da ogni addebito e la definitiva archiviazione del procedimento disciplinare” nei confronti dei tre delegati nazionali USB, che subito è stata rilanciata una forte mobilitazione contro il cumulo degli incarichi dei manager pubblici nell’ambito dell’iniziativa nazionale No Mastrapasqua Day.
Nella nostra regione, la raccolta delle firme è partita in piena estate dalla sede di Roma EUR il 26 luglio scorso ed ha ottenuto un notevole successo. L’utenza si è dimostrata infatti sensibile a queste problematiche, che non sarebbero tali se il governo se ne fosse occupato doverosamente e per tempo, stabilendo, ad esempio, un tetto ai redditi percepibili nelle società private a capitale pubblico.
I manager pubblici non sono stati toccati finora dalla crisi e dai tagli imposti dal governo, mentre continuano ad accumulare incarichi spropositati e intollerabili.
Manco a dirlo, questo è proprio il caso dell’ex commissario – attuale presidente – futuro manager dell’Istituto Antonio Mastrapasqua che siede ufficialmente su almeno 25 (venticinque) poltrone in contemporanea oltre a quella, sicuramente impegnativa, che ci riguarda da vicino. Che dovrebbe già bastare a sufficienza a tenerlo impegnato da mane a sera.
Ma siamo evidentemente in presenza di un supereroe o di una divinità scesa in terra, perché l’uomo che molto probabilmente passerà alla storia come il vero artefice della privatizzazione di ciò che resta del grande Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, è contemporaneamente vice presidente di EQUITALIA (una beffa nel nome!!!), presidente del Fondo Immobiliare di IDEA FIMIT, direttore amministrativo dell’Ospedale Israelitico di Roma e sindaco in svariate società a carattere privato. Senza contare naturalmente altrettanti incarichi “secondari”.
Noi comuni mortali possiamo solo scappellarci davanti all’operosità di un simile mostro, la cui misera retribuzione (come da formale dichiarazione dei redditi) ammonta peraltro solo ad 1 milione duecentomila euro. Per comprenderci bene e fino in fondo si tratta appena di 2 miliardi quattrocentomila delle vecchie lire.
Il vero problema a questo punto è dato a nostro parere dalla mancanza di una normativa adeguata che regoli, come si converrebbe in un Paese civile, tutta la delicata materia, nonché dal silenzio assenso di quanti, nel caos generale, non sanno purtroppo fare altro che ritagliarsi, nella migliore delle ipotesi, un misero posticino al tavolo dei potenti. Il cui tonfo per inciso sarà comunque maggiore quando cadranno.
Nell’attuale situazione di crisi e di malcostume imperante, toccherà ancora una volta ai lavoratori ed agli utenti, in una parola alla base, dare il buon esempio, al fine di pervenire ad una normativa più equa e democratica.
Nulla di serio e/o di decoroso possiamo aspettarci dai vertici di questa amministrazione collusa.
Ma vogliamo ancora rammentarlo: con l’ignobile tentativo di licenziamento si è voluta saggiare la capacità di reazione del Sindacato nel suo complesso il quale ne esce vittorioso, ma lo sarebbe ancora di più se altri avessero semplicemente coraggio, anziché appiattirsi eternamente su squallide posizioni di retroguardia.