E’ appena giunto al giro di boa il lungo percorso delle assemblee programmate il mese scorso dalla USB sul nuovo modello di servizio interno, sul contratto del pubblico impiego e sul referendum costituzionale, con ordini del giorno in molti casi comprensibilmente stravolti dalle continue emergenze piombateci tra capo e collo in materia di sicurezza.
Sarà bene precisare subito che gli argomenti non sono affatto disgiunti come si è portati a credere, specie per quanto concerne la proposta di riorganizzazione ancora una volta imposta dall’amministrazione come se nulla fosse, in barba ai più elementari criteri di trasparenza e condivisione diventati ormai un optional.
Di fatto l’Istituto sta collassando, anche se in troppi preferiscono mantenere la testa sotto la sabbia per non vedere o più semplicemente perché se ne fregano altamente, sia del personale superstite abbandonato in trincea che dell’utenza.
Con queste premesse, è già un mezzo miracolo che la vertenza sulle mansioni proceda senza apparenti intoppi con la richiesta di attestazione concernente gli adempimenti effettivamente svolti da tutto indistintamente il personale, perché l’organizzazione (si fa per dire) del lavoro riguarda anche i colleghi dell’area C.
Nella presunta evoluzione del nuovo modello professionale può capitare che tra gestori, operatori, consulenti e specialisti ci si dimentichi nel tourbillon del fare di appena un migliaio di colleghi di area A.
La Storia ci insegna purtroppo che si tratta ancora una volta degli ultimi. Per loro non c’è posto, semplicemente non sono previsti. Nelle alte sfere qualcuno spera che scompaiano per consunzione.
L’attenzione è tutta rivolta altrove e precisamente al progressivo trasferimento delle materie attinenti il mondo del lavoro che diventeranno di competenza del governo (PSR gestite dalle Agenzie del Lavoro) e all’esercizio dei famigerati fondi pensione. Del nostro beneamato Istituto probabilmente resterà il logo.
Mentre in DG continuano a scannarsi perché “miseri” hanno messo la carriera e il denaro davanti a tutto, la situazione complessiva nelle agenzie ormai ridotte a veri e propri isolati avamposti è ad un passo dal degenerare definitivamente.
Ci sarebbe bisogno di risposte certe che non arrivano mai e si tira a campare...
Una delle poche certezze di questa presunta riorganizzazione è che nella nostra regione avremo due direttori, uno per il Lazio e l’altro per l’area metropolitana. Contenti?
Dopo essersi reso artefice di mille lotte intestine, il presidente all’improvviso si scorda di essere a capo di un Istituto che, fino a prova contraria, è comunque un Ente Pubblico e decide di sponsorizzare inopinatamente il SI al referendum, mentre c’è il rischio calcolato che la banca dati INPS finisca in mano ai privati.
Tutto ciò mentre il governo ha fatto chiaramente intendere i suoi proponimenti sul rinnovo contrattuale, legando gli aumenti già annunciati (che vanno dai 5 ai 14 euro pro capite lordi) a un nuovo ingiustificato incremento della produttività e crediamo veramente a questo punto che non ci sia bisogno di aggiungere altro.
Scenderemo in piazza a difendere il nostro contratto? O ci limiteremo a curare ciò che resta del nostro misero angusto orticello? Cosa siamo disponibili a fare?