La pandemia da Covid-19 ha rappresentato l’ultimo flagello che si è abbattuto sulla scuola pubblica statale. Dal marzo scorso, l’attività didattica di tutte le scuole d’Italia ha subito trasformazioni radicali con conseguenze sempre più negative tanto sull’organizzazione del lavoro del personale scolastico, quanto sui processi di crescita e formazione degli studenti.
Dopo poco più di un mese dalla loro riapertura, le scuole oggi sono costrette a richiudere. Fatta eccezione per l’infanzia, la primaria e, a seconda della Regione, i primi anni della secondaria di secondo grado, la Didattica a Distanza torna a essere lo strumento col quale tentare di far rimanere in vita la relazione tra la scuola e gli studenti. Purtroppo è una storia che abbiamo già visto e ha una conclusione fallimentare.
Da più parti ci arrivano comunicazioni di Dirigenti Scolastici che intenderebbero far recuperare il tempo scuola per così dire perduto a causa della riduzione oraria delle lezioni in unità di 50 minuti. La nuova organizzazione dell’attività didattica imposta dai DPCM, infatti, rende necessari precisi tempi di riposo per studenti e docenti, costretti a lunghe esposizioni al videoterminale, in postazioni spesso inadeguate ai sensi del Testo Unico sulla Sicurezza. Inoltre, va rilevato come la didattica a distanza comporti tempi di attenzione e assimilazione del lavoro radicalmente differenti rispetto a quelli della didattica in presenza. Una pausa di dieci minuti tra una lezione e l’altra è pertanto del tutto funzionale al lavoro svolto. Anche nel caso della didattica in presenza devono essere previsti tempi più lunghi per la pulizia, l’igienizzazione, la sanificazione periodica a carico dei collaboratori scolastici, oltre che programmare i tempi necessari all’igienizzazione delle postazioni dei docenti. Tutte queste incombenze, è bene ricordarlo, non sono previste da alcun contratto, tanto meno dal CCNI sulla Didattica Digitale Integrata che ad oggi rimane semplicemente una bozza firmata da sole due delle organizzazioni rappresentative del comparto.
A noi sembra del tutto evidente come la nuova organizzazione del lavoro didattico non sia una libera e autonoma scelta del Collegio docenti, ma un’imposizione dettata da una causa di forza maggiore: la pandemia. Non è legittimo chiedere ai lavoratori il recupero dei minuti perduti. Lo affermano l’art. 28 comma 8 del CCNL 29.11.2007 e la circolare 243/79: la riduzione oraria delle lezioni per cause di forza maggiore determinate da motivi estranei alla didattica non configura alcun obbligo per i docenti. A meno che i dirigenti scolastici non vogliano sostenere che una pandemia non sia una causa di forza maggiore, ci sembra che il quadro sia inequivocabile e, per questo, abbiamo preparato una diffida da utilizzare in tutti quegli Istituti in cui l’arbitrio dirigenziale ha preso il posto del diritto sancito dalle norme.
Invitiamo a contattarci alla mail scuola@usb.it in caso di imposizione del recupero per intervenire e porre fine ad abusi e illegittimità nelle nostre scuole.