È una pericolosa ordinanza, la 05986/2022 della Sesta sezione del Consiglio di Stato, che accoglie il ricorso di IREN e la richiesta di sospensiva del provvedimento cautelare adottato nei suoi confronti da parte dell’Antitrust per non aver rispettato il blocco degli aumenti dei prezzi dell’energia alla scadenza annuale dei contratti di fornitura.
In pratica si dà ragione all’azienda che aveva aumentato i prezzi dopo il 10 agosto 2022, data dell’entrata in vigore del decreto Aiuti Bis emanato dal governo Draghi per calmierare i prezzi dell’energia, e che, all’articolo 3, obbligava le imprese fornitrici a non operare aumenti fino al 30 aprile 2023.
Su iniziativa di USB, dell’associazione dei consumatori A.BA.CO. e dell’avvocato Perticaro, dallo scorso settembre sono stati depositati esposti in più di 30 procure d’Italia, seguiti da centinaia di reclami dei cittadini, con i quali veniva richiesto agli organismi di controllo (AGCM, ARERA, Mister Prezzi) di verificare la corretta applicazione dei prezzi da parte delle imprese energetiche.
Dopo qualche settimana dal deposito delle denunce e dall’invio dei reclami, l’Antitrust aveva avviato un’attività pre-istruttoria su 25 imprese (metà delle quali ha ritirato gli aumenti) ed emesso i primi 4 provvedimenti cautelari verso IREN, Dolomiti, E.ON. e Iberdrola.
Ad essi erano seguiti, a dicembre, altri 7 provvedimenti cautelari nei confronti di Enel, Eni, Hera, A2A, Edison, Acea ed Engie per l’applicazione illecita degli aumenti inseriti nei contratti scaduti e rinnovati dopo il 10 agosto 2022.
La sentenza del Consiglio di Stato, dunque, rappresenta un preoccupante precedente alla luce dei ricorsi depositati da tutte le aziende sanzionate, che saranno discussi nelle prossime settimane. Sentenze della stessa portata consentirebbero loro di continuare ad applicare prezzi maggiorati ai nuovi contratti, di fatto annullando la già debole azione del governo centrale.
Che adesso anziché tutelare i cittadini si arrende completamente al volere delle aziende energetiche sanzionate inserendo nel Decreto Milleproroghe la possibilità, alla scadenza naturale dei contratti, di aumentare i prezzi. A poco serve l’estensione del periodo del blocco degli aumenti fino al 30 giugno 2023, se alla scadenza dei contratti possono essere applicati prezzi comunque più alti.
È chiaro che si sta facendo troppo poco per tutelare gli utenti e troppo per le aziende energetiche, le vere vincitrici della guerra dei prezzi in atto. Una guerra che ha permesso ai colossi dell’energia di accumulare 40 miliardi di extraprofitti, per il cui recupero il governo non è riuscito a mettere in atto nessuna azione concreta.
Sono lontane le uniche proposte utili a sostenere le famiglie in difficoltà colpite dalla crescita dell’inflazione e dall’erosione dei salari: la moratoria dei distacchi delle utenze per morosità e l’introduzione di un quantitativo minimo energetico per ogni utenza domestica, quantificabile in 1 smc di gas e 2 kwh di elettricità, per consentire ad ognuno di sostenere una vita dignitosa.
Un’azione di questo tipo, però, implicherebbe che il governo tornasse ad occuparsi di politica economica. Tuttavia senza un’industria energetica statale difficilmente sarà possibile arginare l’iniziativa predatoria delle società energetiche che fanno profitti sulle spalle dei cittadini, e a cui la nostra giustizia amministrativa e il nostro governo hanno deciso di far passare un ottimo Natale e soprattutto uno splendido anno nuovo. A discapito delle nostre tasche però.
Unione Sindacale di Base