Davide Scanio, 32 anni, siciliano, sabato 2 aprile è stato agganciato e ucciso da un macchinario alla Cavalleri Unipersonale di Arquata Scrivia, in provincia di Alessandria. Il giovane stava lavorando nei pressi di un macchinario a rotazione, dal quale è stato agganciato e scaraventato al suolo: Davide ha sbattuto la testa ed è morto sul colpo, nonostante l’intervento dei colleghi di lavoro. Il caso ricorda in modo agghiacciante quello di Luana D’Orazio, uccisa nel 2021 dall’orditoio cui stava lavorando, o ancora di Laila El Harim, morta sempre l’anno scorso una ditta di packaging, o Giuseppe Siino, caduto in un macchinario mentre lavorava in una ditta di Campi Bisenzio. La lista è, purtroppo, tragicamente più lunga.
I macchinari che sono impiegati in queste fabbriche operano, quando sono a norma, tutti con misure di sicurezza tali da impedire agli operai di lavorare in situazioni di rischio. In particolare, sono dotati di dispositivi che impediscono eventi come la caduta del lavoratore in parti operanti, il trascinamento o lo schiacciamento dello stesso. Purtroppo, come è stato accertato nei casi di Luana e Laila, troppo spesso i datori di lavoro modificano i macchinari, aggirando e manomettendo le misure di sicurezza per aumentare la produzione.
Nell’attesa che venga fatta chiarezza sui fatti che hanno causato la morte di Davide Scanio, ci uniamo al cordoglio nei confronti dei suoi cari.
Troppo spesso siamo costretti a piangere morti di lavoro evitabili, quest’anno già arrivate a 250, per questo come USB e Rete Iside Onlus, torniamo ad indicare la necessità di istituire il reato di omicidio sul lavoro: in questo modo, finalmente, sarà possibile costringere la parte datoriale a prendere le dovute contromisure. Non possiamo più permettere che appaia conveniente speculare sulla vita dei lavoratori, aggirando misure di sicurezza essenziali per aumentare i profitti.
Rete Iside Onlus
Unione Sindacale di Base