Queste sono le cifre di venerdì 17 ottobre 2008: più di due milioni di lavoratori in sciopero, 500 mila persone in corteo a Roma, innumerevoli le iniziative locali.
Certe notizie non è facile farle passare del tutto inosservate, anche per chi del nascondere e dell’addomesticare le notizie ha ormai fatto non più una forma d’arte ma una scienza vera e propria.
Infatti chi dopo lo sciopero ha guardato i TG e letto i giornali con occhi attenti si è accorto che era successo qualcosa che stavolta i mezzi di informazione non solo non potevano negare, ma che avevano anche molta difficoltà a minimizzare.
Ovvero che i lavoratori, con la sola forza del passaparola, delle e-mail, delle assemblee, di internet, cioè di tutte quelle forme di comunicazione che esulano da carta stampata e schermi televisivi, erano riusciti ad organizzarsi e ad esprimere la loro protesta in maniera massiccia.
E’ normale che il nostro sottrarci, almeno come lavoratori, a quel genere di coercizione del pensiero di cui TG e giornali fanno così largo uso, generi spavento e preoccupazione.
E’ normale che questo disturbi quella casta di privilegiati che ormai regge le sorti dell’Italia, quel coacervo di politici e banchieri, industriali e sindacalisti di partito, che però non sono né veri politici, né esclusivamente banchieri e neppure solamente industriali o sindacalisti, ma una commistione di tutti i generi, in cui il potere politico e quello economico si fondono e si confondono, in un conflitto di interessi in cui il bene pubblico soccombe sempre agli interessi privati.
E’ normale e infatti non desta meraviglia che il ministro Sacconi, tentando di riscrivere di pugno suo la Costituzione, tenti subito di cancellare quel che resta del diritto di sciopero. E non meraviglia neppure che l’ineffabile “sindacalista” Bonanni si dichiari subito disposto al dialogo in materia.
Ma Noi, lavoratori per cui la parola “sindacato” non significa gestione lucrosa di patronati, fondi pensione e agenzie interinali, non significa partecipazione fissa a rotocalchi televisivi, non significa difesa dei diritti dei lavoratori solo se e quando questo non dà fastidio allo sponsor politico/confindustriale di turno, Noi abbiamo dimostrato di essere in tanti a saper ragionare al di fuori degli schemi e delle lusinghe della comunicazione di massa e di poter prendere decisioni consapevoli e autonome.
Il Sindacato siamo Noi.
per il Coordinamento RdB-CUB P.I. regione Sardegna
Domenico Medici