Sono ormai tre anni che è iniziata, nell’Agenzia delle Entrate, l’era della chiusura degli uffici.
A detta dei vertici dell’Amministrazione doveva trattarsi di pochi uffici distribuiti qua e là, ma da subito, come USB, abbiamo avanzato il sospetto che in realtà ci fosse un piano di chiusure ben più ampio e già predisposto.
Ed infatti nel 2013 l’Agenzia delle Entrate è venuta allo scoperto dichiarando che dei 374 uffici territoriali presenti nel nostro Paese ben 216 rientravano, per caratteristiche e collocazione geografica, fra quelli che si sarebbero potuti chiudere applicando la spending review.
Da allora moltissimi uffici sono stati chiusi e altri saranno oggetto di prossime chiusure: un vero e proprio stillicidio che ci fa presupporre che nel 2015 altre centinaia di lavoratori saranno costretti alla mobilità.
Di tutto questo dobbiamo ringraziare CGIL CISL UIL UGL e sindacati autonomi che hanno sottoscritto il protocollo sul lavoro pubblico del 4 maggio 2012 che ha spalancato le porte alla Spending Review, e poi, nel nostro settore, hanno siglato l’accordo del 30 luglio 2013 che sta comportando la chiusura di decine e decine di uffici.
L’USB non solo non ha sottoscritto quegli accordi, ma da subito ha avviato un ciclo di assemblee e, negli uffici colpiti dalla spending review, ha aperto il confronto con la cittadinanza e le amministrazioni locali per scongiurarne la chiusura.
La nostra posizione è sempre stata chiara: con queste chiusure non si risparmia nulla, sono semplicemente tagli di risorse che depredano la collettività di un servizio pubblico costringendo migliaia di cittadini a rivolgersi ai privati anche solo per chiedere un codice fiscale.
E quindi, ancora una volta, i costi di questa operazione li pagheranno sia i cittadini che i lavoratori, costretti alla mobilità verso altri uffici spesso lontani decine di chilometri. Mentre i contratti sono bloccati ormai da sei anni, il personale coinvolto dovrà sobbarcarsi anche i costi degli spostamenti verso le nuove sedi (si tratta più o meno di 1500/2000 euro annui).
In un Paese con 180 miliardi di evasione fiscale, nel quale lavoratori dipendenti e pensionati subiscono l’83% del prelievo IRPEF mentre si varano condoni e si allenta il sistema sanzionatorio e penale nei confronti della grande evasione, occorrerebbe, invece un investimento massiccio sulla macchina fiscale e sui lavoratori del fisco.
Anche su questo tema le posizioni sono chiare e non conciliabili: o si sta dalla parte di chi asseconda le chiusure degli uffici firmando protocolli con i governi di turno e con l’Agenzia, o dalla parte di chi, come noi, vuole ribaltare la situazione potenziando il comparto e valorizzando i lavoratori del fisco.
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