Torniamo a parlare dello sciopero generale del 17 ottobre e della manifestazione nazionale a Roma, dedicando gran parte del numero di Eppure Soffia a questa straordinaria giornata di mobilitazione. Lo facciamo perché riteniamo che l’iniziativa promossa dal sindacalismo di base non possa essere archiviata velocemente: per i numeri che ha espresso, rappresentando uno sciopero realmente di massa; per le modalità con cui è stata costruita, a partire dall’assemblea di duemila delegati di CUB-COBAS-SdL di maggio a Milano; per i contenuti della piattaforma rivendicativa, che esprimono con chiarezza una posizione indipendente ed alternativa al sindacato concertativo rappresentato da CGIL-CISL-UIL; infine, perché nel 2008 resterà l’unico sciopero generale convocato per un’intera giornata di lavoro con manifestazione nazionale, l’espressione più alta di una mobilitazione generale, vero momento di opposizione sociale ad un modello economico che mostra vistose crepe, ma che si tenta di far sopravvivere facendo pagare la crisi ai più deboli, secondo la logica capitalista dell’accumulazione dei profitti e della redistribuzione delle perdite.
Si vuole gestire l’attuale crisi economica secondo le logiche che hanno guidato la gestione delle precedenti: licenziamenti di massa, cassa integrazione, moderazione salariale. Sono molti ad affermare che da questa crisi si uscirà con un’economia trasformata, disegnando scenari apocalittici. Probabilmente, come in tutti i momenti di crisi, c’è chi ci guadagnerà e chi ci perderà. A noi è dato il compito di contrastare l’arretramento delle condizioni di lavoro, dei diritti, delle tutele generali dei lavoratori, perché è soprattutto in questi momenti che si tentano colpi di mano normativi a danno del movimento dei lavoratori. Non è un caso che proprio in questo contesto il ministro del lavoro Sacconi abbia preparato un progetto di legge per la modifica della regolamentazione del diritto di sciopero, introducendo il referendum preventivo.
Il sindacalismo di base deve continuare a costruire la propria presenza nei luoghi di lavoro e tracciare il proprio percorso indipendente e conflittuale, senza cedere ai richiami delle sirene pronte a cambiare melodia e canzone a seconda della parte politica che guida il paese.
...leggi tutto l'editoriale e altro ancora nel n. 6 del periodico!