In nome della difesa della salute collettiva e a garanzia dell’offerta formativa e curriculare in presenza, in vista della riapertura dell’anno accademico, dal primo settembre l’Università è soggetta alla verifica del green pass.
Una misura di prevenzione disposta con decreto legge, la cui applicazione è stata lasciata al libero arbitrio delle amministrazioni universitarie, creando anche negli Atenei confusione e preoccupazioni tra gli Operatori che, sin dall’inizio della lunga pandemia, si sono adoperati per fornire i servizi agli Studenti e alla Ricerca.
USB ha sempre sostenuto con convinzione i provvedimenti volti a prevenire e curare la salute collettiva rivendicando il potenziamento del sistema sanitario pubblico e delle apposite misure di sicurezza nei posti di lavoro e la sospensione dei brevetti dei vaccini anti-covid per contenere la catena di contagio collettiva oltre che per motivi di giustizia.
Poiché sulla questione USB ha le idee chiare, e soprattutto libere, non può che contestare l’ipocrisia di un decreto legge che impone un uso strumentale del green pass a garanzia della sicurezza sui posti di lavoro.
In realtà è un lasciapassare utile a scaricare sul singolo lavoratore la responsabilità sull’efficacia o meno delle specifiche e complessive misure di prevenzione che i datori di lavoro devono continuare ad attuare per il contenimento del contagio, compreso l’utilizzo dello smart working emergenziale almeno fino al 31 dicembre 2021.
Prova ne è che il decreto legge prevede per i Lavoratori il controllo giornaliero del Green Pass e a perseguitarli fino alla sospensione dal lavoro e dallo stipendio. Mentre gli Studenti, molto più numerosi e forse anche più a rischio contagio e conseguente trasmissione, sono soggetti solo a controlli a campione.
Per sottolineare l’inconsistenza di questo decreto, citiamo la marea di altre figure professionali, quali assegnisti, borsisti, dottorandi e delle innumerevoli attività svolte negli atenei quali ricerche in collaborazione, spin-off, attività congressuali. Di come affrontare questa molteplicità, tipica delle università, non esiste traccia, solo perché questo Governo non sa di cosa parla e confonde Scuola e Università.
Anche nella gestione dell’emergenza, appare evidente l’assoluta inadeguatezza del concetto di Comparto Istruzione onnicomprensivo che relega l’Università al ruolo di grande liceo.
Sempre a dimostrazione del vero scopo di questo strumento, evidenziamo per chi non ha il pass l’obbligo del tampone rapido a proprie spese ogni 48 ore presso strutture convenzionate. Se lo scopo del legislatore fosse veramente stato quello di prevenire i contagi, avrebbe previsto nelle Scuole e negli Atenei l’istituzione di postazioni, o convenzioni con strutture sanitarie, per offrire la possibilità a studenti e lavoratori di effettuare tamponi rapidi, utili soprattutto per individuare in tempi brevi focolai virali. Quindi il controllo del virus più che dei lavoratori.
Non una parola sui criteri di individuazione degli addetti incaricati dei controlli e sulle misure idonee a tutelare il diritto alla privacy. Mentre da alcune università più solerti, già all’indomani dell’emissione del Decreto-legge, sono pervenute notizie di indebito affidamento dei controlli al personale tecnico amministrativo o al personale dei servizi esternalizzati.
Non è altrettanto accettabile che il governo convochi i sindacati a giochi fatti, imponendo protocolli lesivi della dignità dei lavoratori.
L’epidemia si sconfigge dando a tutti la stessa possibilità di curarsi e di vivere e non perché lo stabilisce un decreto.
E’ evidente che queste misure autoritarie si inseriscono nei processi di criminalizzazione dei Lavoratori Pubblici di stampo brunettiano.
Anche per fermare questi processi, USB ha proclamato sciopero generale con tutto il sindacalismo di base l’11 ottobre.
30 Agosto 2021 USB P.I. UNIVERSITA’