I sacrifici chiesti agli italiani per superare la crisi, dopo anni di austerity, come al solito si rivelano inutili. Infatti mentre le lavoratrici ed i lavoratori pubblici e privati stringono la cinghia e si impoveriscono sempre più il debito pubblico aumenta piuttosto che diminuire.
Quel che è peggio i ricchi diventano sempre più ricchi mentre i poveri sono sempre più poveri.
I continui tagli apportati al pubblico impiego hanno raggiunto un solo risultato: meno servizi per i cittadini. Scuola, sanità, fisco, trasporti, giustizia ecc… sono al collasso come pure chi vi opera.
Gli stipendi dei pubblici dipendenti sono fermi al 2009 e come se non bastasse si tenta di bloccarli sino al 2017. Se così fosse la perdita stimata di circa 1600 euro annui si andrebbe a sommare a quella già avvenuta di oltre 1500 euro.
La crisi continua morde la carne viva delle famiglie italiane che ormai risparmiano anche sui beni di prima necessità, il paese è all’esasperazione e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.
E mentre il paese è teatro di tutto ciò la classe politica - incapace di intervenire per risolvere i problemi reali quali il lavoro, la precarietà, la povertà - continua imperterrita a mantenere i propri privilegi.
E’ su tutti i giornali che i manager, pubblici e privati, guadagnano 150 volte ed oltre quanto guadagna un dipendente il cui stipendio rimane bloccato.
Quindi la scusa della crisi è servita solo a “taglieggiare” i dipendenti pubblici e dare l’ennesimo colpo al modello di pubblica amministrazione disegnato nella costituzione.
Le lavoratrici ed i lavoratori sono sempre più vessati, con sempre meno diritti, costretti a lavorare in condizioni da stress, con il diritto alla pensione che si allontana sempre di più nel tempo e con compensi sempre più magri, quasi da fame.
Anche le lavoratrici ed i lavoratori della Giustizia vivono sulla propria pelle gli effetti della crisi sia sul piano economico che sul piano delle condizioni di lavoro sempre più stressanti; costretti in prima linea a dare risposte concrete ai cittadini, ignari che il personale, la cui età media è una delle più alte del pubblico impiego, diminuisce progressivamente a fronte di carichi di lavoro sempre più pesanti.
Basti pensare in che situazione di degrado e confusione, versano i tribunali, le carceri, gli ospedali, le scuole, i trasporti pubblici, situazione che era inimmaginabile solo qualche anno fa.
Inoltre le lavoratrici ed i lavoratori della giustizia sono stati: danneggiati come pubblici dipendenti; “gabbati” dall’Amministrazione e dai sindacati compiacenti per la mancata progressione di carriera, rimpiazzata poi con un passaggio economico, finanziato tra l’altro, con i propri soldi prelevati dal FUA.
La misura è colma, è tempo di dire basta ed i lavoratori della giustizia aderiranno in massa alla manifestazione nazionale indetta dalla USB P.I.
il 22 Maggio saremo in piazza per la riapertura dei contratti, contro la precarietà del lavoro, per la reinternalizzazione dei servizi, per cancellare la legge Brunetta.
Per riappropriarci dei nostri sogni, del nostro futuro della nostra dignità.