Traccia: Sul palco dell’Ariston ha vinto Roberto Vecchioni. Il suo brano “Chiamami ancora amore” è dedicato ai ragazzi e alle loro speranze troppo spesso disilluse” ha dichiarato il cantautore in un’intervista. Il pezzo è un invito ai giovani a far sentire la loro opinione. Esprimi la tua .
Svolgimento:
Sono una studentessa. Sono calabrese. Sono una ragazza. Sembro essere tutto ciò che oggi è più scomodo per il nostro paese. Vogliono togliermi le speranze, il futuro, la parola.
Sulla scuola tagliano perché dicono non ci sono i soldi. Sul Sud ci emarginano perché dicono ci sia solo ‘ndrangheta e regressione. Sulle donne non investono perché dicono sono fragili e possono mettere al mondo che potrebbe allontanarle dal lavoro o nel peggiore dei casi sono solo un intrattenimento per gli uomini di potere.
Per questi motivi sento che è necessario ribellarmi, oppormi a tutto quello che l’Italia, politica e televisa, vuole impormi. Voglio un futuro e non aspetto che qualcuno me lo porga in cambio di un favore o del mio corpo. Voglio un futuro e vado a prendermelo.
Mentre penso tutto questo, la canzone di Roberto Vecchioni, mi sembra una poesia propiziatrice di speranza, un canto d’amore e di lotta che giorno per giorno si rivela di grande attualità.
Parla di libertà. Un termine di cui spesso si è abusato, un termine che viene fuori negli slogan elettorali oppure nei nomi di partiti. Ci riempono di parole perché credono che così in realtà non ci accorgeremo che la libertà ce l’hanno negata. Ci hanno negato la libertà di scrivere cosa succede in Italia. Ci hanno negato la libertà di esprimere la nostra opinione. Ci hanno negato i principi di libertà che la Costituzione ci conferisce e che per difendere siamo costretti a scendere in strada a manifestare e a subire le cariche della polizia.
Siamo costretti a sentirci chiamare sovversivi, ribelli, vagabondi, violenti, solo perché noi il coraggio di difendere quei principi, che ci propinano dai loro podi politici, lo abbiamo davvero. Ci hanno negato la libertà di essere noi stessi, senza doverci omologare al prototipo di cittadino sempre timoroso ed ubbidiente che l’attuale classe politica vorrebbe.
Ci hanno negato la libertà di vivere senza dover rinunciare alla vita solo perché avevamo un bisogno disperato di lavorare. Ci hanno negato la possibilità di trovare un impiego nel nostro paese senza dover andare via in cerca di misera fortuna. Ci hanno negato la libertà di avere un futuro che non comprenda la possibilità di indossare una divisa e invadere altri paesi imbracciando un fucile in nome della patria e della pace. Ci hanno negato la possibilità di opporci al tiranno, all’oppressore che nega i nostri diritti, che ci schiaccia fino ad ucciderci.
Parla di rabbia. La rabbia contro tutti coloro che ci tradiscono, contro tutti coloro che scelgono di mandare i nostri i figli a morire e poi ci ricompensano coprendo le loro bare con una medaglia all’onore e con un tricolore scolorito dall’ipocrisia. La rabbia contro l’Italia che sta a guardare mentre si compiono le stragi, credendo che basti poi instituire giornate in memoria, che basti ricordare commossi per dimenticare che la nostra indifferenza ci ha reso complici.
Parla d’amore. L’amore che ci spinge a essere migliori, che ci spinge a combattere per le nostre idee “che sono come le stelle che non le spengono i temporali”. L’amore che ci spinge a sentire sulla nostra pelle tutte le ingiustizie commesse. L’amore che, qualunque cosa succederà, ci spingerà a credere, a piangere, a gridare, a lottare per e in un mondo migliore.