Il periodico allarme sulla tenuta dei conti dell’INPS è spesso servito, anche nel recente passato, a giustificare i ripetuti interventi legislativi che hanno drasticamente ridimensionato il sistema previdenziale pubblico. Appena nove mesi fa l’accoppiata Monti-Fornero interveniva con l’accetta sul diritto alla pensione, in nome di una crisi i cui costi sono stati finora scaricati in gran parte sui lavoratori dipendenti.
In questi giorni è scattato di nuovo l’allarme per i conti dell’INPS. Un articolo pubblicato sul “Corriere della sera” di ieri citava la nota di assestamento al bilancio 2012 dell’INPS, nella quale è evidenziato un passivo patrimoniale di 10 miliardi di euro ereditato dal soppresso INPDAP. La notizia era già apparsa sulla stampa nei mesi scorsi e dal presidente Mastrapasqua, attraverso la determina N. 5805/2012, erano arrivati giudizi poco lusinghieri sulla gestione dell’INPDAP. Lo stesso presidente dell’INPS oggi getta acqua sul fuoco e rassicura sulla tenuta dei conti, dichiarando che lo Stato ha sempre fatto fronte al piano di disavanzi. Stesso atteggiamento da parte dei ministri Fornero e Grilli. Tutto bene, dunque?
Eh no, innanzitutto perché è bene tenere presente che il “buco” dell’INPDAP è determinato dal mancato versamento della parte contributiva dovuta dal datore di lavoro, in questo caso le amministrazioni pubbliche. Se le aziende private si comportassero allo stesso modo l’INPS fallirebbe in un batter d’occhio. C’è poi da sottolineare che il disavanzo di 10 miliardi si riferisce al solo 2012, per cui in un triennio il “buco” salirebbe a 30 miliardi, mettendo a rischio il patrimonio netto dell’INPS. Questo anche per il blocco del turn over e per il progetto di riduzione di 300.000 lavoratori nel pubblico impiego frutto della spending review, con i conseguenti processi di pensionamenti in deroga alla legge Fornero e di mobilità forzata, che determinerebbero una diminuzione delle entrate contributive a fronte di un momentaneo aumento della spesa pensionistica.
La ministra Fornero assicura che i costi della previdenza scenderanno man mano che si realizzeranno i risparmi prodotti dalla riforma. E su questo non abbiamo dubbi, considerate le pesanti misure previste dalla riforma del dicembre 2011. Tuttavia non vorremmo che l’allarme sul “buco” della spesa pensionistica fosse funzionale a scaricare sulle gestioni in attivo dell’INPS (lavoratori dipendenti e parasubordinati) il debito dello Stato o, peggio, che si utilizzassero queste grida d’allarme per intervenire nuovamente sulle pensioni, nel momento in cui governo e sindacati complici si apprestano ad avviare una massiccia campagna pubblicitaria per l’adesione ai fondi pensione nel pubblico impiego.
Per il momento tutti smentiscono e questo più che rassicurarci ci preoccupa.