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Pubblico impiego // Sicurezza

La PA centrale è in burnout: altro che benessere organizzativo! I primi risultati dell’indagine sullo stress lavoro correlato condotta da USB

Nazionale,

Dalla valutazione delle risposte fornite dai primi mille lavoratori e lavoratrici delle Funzioni Centrali della PA al questionario per la rilevazione dello stress lavoro correlato, somministrato da USB PI in collaborazione con RETE ISIDE, emerge un quadro preoccupante che evidenzia con nettezza un elevato rischio per la salute e la sicurezza dei dipendenti pubblici.

Il questionario, somministrato in forma anonima e seguendo le Linee Guida dell’INAIL, seppur privo al momento di rilevanza statistica demolisce definitivamente lo stereotipo di un comparto considerato privilegiato rispetto al resto del mondo del lavoro e affetto da “fannullonismo”.

L’indagine analizza 5 macroaree: l’intensità dei carichi e la velocità di lavoro, il grado di autonomia lavorativa, la consapevolezza del ruolo ricoperto all’interno dell’organizzazione del lavoro, il livello di coinvolgimento nei cambiamenti organizzativi, l’effetto della valutazione della performance.

Oltre il 90% delle lavoratrici e dei lavoratori dichiarano di essere obbligati a lavorare molto intensamente, velocemente (82%), costretti a trascurare altri compiti (85%), di non avere alcuna libertà decisionale sul proprio lavoro (59%) né autonomia rispetto ai tempi di esecuzione delle proprie attività (69%). È facile intuire la ricaduta che questi dati hanno sulla qualità dei servizi erogati dalla PA.

Inoltre, i lavoratori e le lavoratrici non capiscono in che modo il proprio lavoro si inserisca negli obiettivi generali dell’organizzazione del lavoro dell’amministrazione di appartenenza (49%), ritengono che gli incarichi vengano affidati dai dirigenti in maniera arbitraria (65%), che non esista alcuna possibilità di fare formazione adeguata durante l’orario di lavoro (72%), di non ricevere una formazione adeguata all’introduzione di innovazioni digitali (83%).

Ancora, il personale lamenta di non essere consultato in merito ai cambiamenti introdotti (83%), di non avere l’opportunità di chiedere spiegazioni in merito ai cambiamenti (65%), che il sistema di valutazione della performance non è né trasparente né oggettivo (80,25%) e che questo aspetto incide negativamente sulla propria serenità lavorativa (67%).

Emergono, inoltre, numerose criticità legate all’adeguatezza degli spazi di lavoro, all’annullamento di spazi collettivi dove poter consumare il pasto o effettuare riunioni o assemblee, la mancanza di controllo dei punti di accesso, la presenza di amianto nelle sedi di lavoro, l’omessa manutenzione di spazi e strumenti di lavoro.  Non bastasse, a rendere più tossico l’ambiente di lavoro si aggiungono molestie personali sottoforma di parole e/o atteggiamenti e discriminazioni di genere che ci impongono un supplemento di indagine con strumenti più appropriati, a partire dal coinvolgimento dei nostri Sportelli contro molestie e discriminazioni di genere presenti sul territorio nazionale.

Questi dati, seppur drammatici, a noi non stupiscono perché sono il frutto avvelenato di anni di spending review, blocco del turnover, campagne infamanti contro i dipendenti pubblici strumentali a tenere bassi i salari, ormai tra gli ultimi posti in Europa.

L’aver poi tolto l’organizzazione del lavoro, che rappresenta la carne viva dei lavoratori, dalle materie oggetto di trattativa sindacale ha dato mano libera alla dirigenza di agire in maniera autoritaria e senza paletti di sorta.

Chi dovrebbe invece finalmente uscire dall’immaginario mondo dorato dal quale proviene e intraprendere un repentino cambio di rotta è il Ministro della PA Zangrillo che ha fatto dell’ideologia della valutazione e del mantra della formazione i cardini portanti della sua pseudo riforma. Entrambe escono a pezzi dalla rilevazione effettuata.

La prima è chiaro a tutti che non abbia nulla a che vedere col merito, ma venga utilizzata in maniera arbitraria per mettere in competizione tra di loro lavoratori e lavoratrici sulla base di elementi soggettivi tesi alla misurazione del grado di subordinazione espressa nei confronti della dirigenza; la seconda, non viene garantita dalle stesse amministrazioni per carenza di personale e non risulta, comunque, compatibile con i carichi attuali di lavoro.

L’indagine avviata da USB PI e Rete Iside evidenzia l’urgenza per i lavoratori e le lavoratrici della PA di riprendere con determinazione parola per difendere non solo il proprio diritto alla salute e sicurezza ma anche per garantire quello dei cittadini a servizi di qualità.

Proseguiremo nella rilevazione e nell’analisi dei dati e porteremo i risultati all’attenzione di Zangrillo e delle Istituzioni, ma anche delle singole amministrazioni che della sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici sono responsabili anche sul piano penale, pretendendo l’aggiornamento dei Documenti di Valutazione dei Rischi e azioni concrete a tutela della salute e sicurezza dei dipendenti pubblici.