Venerdì scorso il consiglio dei Ministri ha approvato il decreto Brunetta sull’efficienza e sulla produttività della Pubblica Amministrazione. Il decreto va ora al vaglio, per un parere non vincolante, delle Commissioni parlamentari, del CNEL e della Conferenza unificata di Regioni, Province e Comuni, prima di essere approvato definitivamente.
Sui tempi di approvazione definitiva il Ministro ha lanciato il suo anatema “Se non verrà approvato entro 60 giorni, mi dimetto! ”.
Anatemi a parte, che invece di spaventare siamo sicuri solleticano la fantasia dei dipendenti pubblici, il decreto rappresenta l’ennesimo, durissimo attacco al pubblico impiego, soprattutto in tema di salario e percorsi di carriera.
Nel testo approvato al consiglio dei Ministri è infatti prevista la nuova modalità attraverso la quale i lavoratori percepiranno il salario accessorio e potranno effettuare i passaggi di livello. Siamo di fronte alla meritocrazia portata all’ennesima potenza, in stretta continuità con i contenuti del Memorandum siglato da Cgil Cisl e Uil: solo il 25% dei lavoratori potrà percepire l’intero salario accessorio legato alla produttività, mentre il 50% potrà percepire solo la metà dell’accessorio, e il restante 25% dovrà essere penalizzato completamente, non percependo quindi niente. Tutto questo sulla base della valutazione della dirigenza. Coloro i quali si troveranno per almeno tre anni nella fascia privilegiata, quella dei “bravi”, avranno una corsia preferenziale per poter effettuare i passaggi di livello. Si mettono in stretto collegamento quindi salario accessorio e progressioni verticali, tutto, ribadiamo, sulla base esclusiva della valutazione della dirigenza.
Non ci vuole molto sforzo di immaginazione per prevedere cosa succederà negli uffici pubblici se il testo del decreto non verrà modificato, eliminando e non attenuando, come qualche organo di stampa ipotizza, questo ennesimo attacco ai lavoratori. Assisteremo alle notti dei lunghi coltelli tra colleghi, in una logica sperimentata del “divide et impera” che, alla faccia del lavoro di squadra tanto decantato nei sacri testi dell’organizzazione del lavoro fino a poco tempo fa, metterà l’un contro l’altro armato, creando non solo malcontento e rabbia tra i lavoratori, ma anche inevitabili ripercussioni sulla produttività e sull’organizzazione del lavoro, tanto da far già preoccupare più di qualche amministrazione. E’ di questo che ha bisogno la Pubblica Amministrazione per essere in grado di dare risposte sempre più adeguate all’utenza? E nessuno si illuda di essere meritevole, senza possibilità di dubbio, di posizionarsi nella fascia degli eletti: il clientelismo e il favoritismo la faranno da padroni, così come è stato ampiamente dimostrato da “prove tecniche di trasmissione” che sono state già sperimentate in alcune Amministrazioni, anche negli anni passati.
L’anatema lanciato dal ministro che preannuncia le sue dimissioni dettando i tempi del percorso di approvazione, lascia chiaramente intendere la sua difficoltà. Un ministro che, colpito da un delirio di onnipotenza mai visto sino ad ora, comincia ad accusare i colpi del suo operato.
La vicenda degli emoticons, scoop brunettiano per misurare il tasso di gradimento dell’utenza sui servizi erogati dalla pubbliche amministrazioni, si sta dimostrando un vero e proprio flop: non solo una scarsissima percentuale di utenti si presta ai giochetti del Ministro votando le faccine, ma quella stessa scarsissima percentuale dichiara che gli utenti sono soddisfatti del servizio pubblico, con punte che superano il 90%. Non solo.
Il testo del decreto approvato dal Consiglio dei Ministri venerdì non lascia più alcun dubbio sull’intenzione di smantellare definitivamente la pubblica amministrazione e che intende persino impedire lo svolgimento delle elezioni delle RSU nel Pubblico Impiego con la scusa del loro adeguamento al nuovo modello contrattuale.
Dividere i lavoratori in maniera così radicale, attraverso l’introduzione di meccanismi di pesante ed ingiustificata diversificazione salariale, significa chiaramente tentare di indebolirne la capacità di reazione, il loro potere contrattuale. Se un’operazione di questo genere dovesse passare, non solo i lavoratori, soprattutto quelli delle qualifiche più basse, si troverebbero a dover fare i conti e seriamente, con il problema della fine del mese, ma si creerebbero tutte le condizioni per far passare ulteriori operazioni di esternalizzazioni, privatizzazioni, chiusura degli uffici e mobilità coatta.
Per questo è necessario non farsi abbindolare dallo specchietto per le allodole della meritocrazia, per questo bisogna reagire immediatamente nei posti di lavoro, utilizzando tutti gli strumenti di lotta a disposizione dei lavoratori per rispedire al mittente le aberrazioni contenute nel decreto.
Solo una ferma mobilitazione dei lavoratori è in grado di respingere questo ennesimo attacco!
E se la posta in gioco sono le dimissioni del Ministro, beh…noi non siamo certo tra quei 1500 lavoratori pubblici che dichiarano di gradire l’operato del Ministro. 1500 su circa 2 milioni e mezzo di lavoratori pubblici, alla faccia dell’attendibilità dei sondaggi!