Mentre CGIL-CISL-UIL sono rimasti “stupiti” della capacità della USB di ritagliarsi uno spazio di confronto con l’amministrazione pur stando fuori dal tavolo sindacale, la CONFSAL-UNSA ha sfogato la propria frustrazione attaccando il sindacato di base dell’INPS per la firma del Verbale d’interpretazione autentica dell’art. 3, comma 3, del CCNI 2016. Innanzitutto un chiarimento: la USB non ha firmato il verbale d’interpretazione autentica relativo al Contratto integrativo 2016, per il semplice motivo che, non avendo sottoscritto il CCNI, non aveva titolo a firmare un verbale che interpretava le norme di quell’accordo. I dirigenti nazionali della CONFSAL-UNSA fanno confusione e c’è da capirli, non tutti sono abituati a controllare norme, accordi, documenti, prima di mettere nero su bianco affermazioni che non reggono alla prima, banale verifica.
La CONFSAL-UNSA si vanta di aver attivato i ricorsi per chiedere la restituzione della parte di TEP riassorbita in eccesso rispetto a quanto era previsto all’art. 3, comma 3, del Contratto integrativo INPS 2015. Quella norma (non sottoscritta dalla USB) prevedeva che in caso di passaggi si dovesse riassorbire il 70% della maggiorazione del TEP stabilita dal CCNI 2015 (un taglio che sarebbe andato dai 31 euro degli A1 ai 55 euro dei C5). Veramente poca cosa. Se si fosse applicata quella norma, come ancora oggi rivendica la CONFSAL-UNSA per gli anni 2016-2017-2018, a quest’ora nelle selezioni 2016 e 2017 avrebbe ottenuto il passaggio una parte minima di lavoratori dell’Istituto, perché le risorse del Fondo non sarebbero bastate.
Lo scriveva a chiare lettere la USB già nel 2016, all’indomani della sottoscrizione del Contratto integrativo 2015 che, ripetiamo ancora una volta, la USB non ha voluto firmare. Vi riportiamo uno stralcio del volantino del sindacato di base dell’INPS N. 10 del 18 febbraio 2016, a commento del CCNI 2015 appena sottoscritto da CGIL-CISL-UIL-CISAL, nella parte in cui si affronta il tema del riassorbimento del TEP così come previsto dall’art. 3, comma 3, di quel contratto.
CAMBIA IL RIASSORBIMENTO IN CASO DI PASSAGGI
In occasione dei passaggi all’interno delle aree e tra le aree nel 2014 si procedeva al riassorbimento del TEP nella misura del 70% dell’incremento tabellare ottenuto e nel limite massimo del 50% del valore del TEP.
Dal 2015 il riassorbimento nella misura del 70% è calcolato non sull’intero TEP ma sulla quota aggiuntiva stabilita dal contratto integrativo 2015.
Facciamo un esempio. Se il costo del passaggio da B2 a B3 è di € 95,00, in precedenza si sarebbero riassorbiti € 67,00, pari al 70% dell’incremento tabellare, con un TEP residuo pari a € 298,00 mensili, mentre dal 2015 il riassorbimento sarà di € 45,00, pari alla quota d’incremento del TEP stabilita dall’ipotesi di contratto 2015, con un TEP residuo di € 365,00, chiaramente più favorevole sul piano individuale.
Dove sta quindi il problema? Nel fatto che il Fondo di Ente dovrà intervenire con maggiori risorse in occasione dei passaggi perché diminuisce il contributo individuale. Questo significa che chi non otterrà il passaggio sarà penalizzato due volte e in modo pesante, in particolare le figure apicali, con la probabile conseguenza che non ci saranno risorse disponibili per far passare tutti. L’Amministrazione, senza forzare la mano, ottiene così il risultato che ha inseguito per un anno: far passare solo una parte del personale, incatenando i passaggi alla rivisitazione del modello di servizio e di quello professionale, senza averne fornito alcuna informativa alle organizzazioni sindacali.
Mentre molti si ubriacavano all’idea di farsi finanziare il passaggio dal collega di stanza, la USB con lucidità e senza guardare in faccia nessuno denunciava i pericoli di quella norma. Quattordici mesi dopo, CGIL-CISL-UIL-CISAL erano costrette a firmare un verbale d’interpretazione autentica per ricondurre il riassorbimento del TEP ad una modalità più restrittiva, com’era in precedenza, così da poter assicurare un passaggio economico a tutti quelli che ne avevano titolo. L’11 aprile del 2017 sottoscrissero un Verbale d’interpretazione autentica dell’art. 3, comma 3, del CCNI 2016, affermando che la percentuale di riassorbimento del TEP in caso di passaggio sarebbe dovuta essere pari al 70% della differenza stipendiale con il livello superiore e non il 70% della maggiorazione TEP stabilita nel 2015.
Nella stessa giornata fu sottoscritto un altro Verbale d’interpretazione autentica, questa volta riferito al Contratto integrativo 2017, che ricalcava la stessa interpretazione stabilita per il CCNI 2016. Questo verbale fu siglato, oltre che da CGIL-CISL-UIL-CISAL, anche dalla USB in quanto firmataria del CCNI 2017. E questo avvenne senza che la USB si dovesse ricredere rispetto a posizioni precedenti, anzi, in perfetta continuità con quanto affermato nel citato volantino del 18 febbraio 2016.
Così come negli anni precedenti è stato necessario, di fatto, finanziarsi in gran parte il proprio passaggio economico con il riassorbimento del TEP, a conclusione del percorso selettivo 2016-2017 che ha riguardato oltre il 70% del personale dell’INPS, la USB al pari di altre organizzazioni sindacali ha proposto di ripristinare il valore intero del TEP, una tantum, come fatto in precedenti occasioni. Una misura necessaria per restituire valore al passaggio economico ottenuto che, altrimenti, sarebbe stato vanificato per sempre dal riassorbimento del TEP. Sfugge in che modo possa aver inciso su questa scelta la CONFSAL-UNSA, che ancora oggi si ostina a chiedere l’applicazione del riassorbimento del TEP secondo le misure stabilite dal CCNI 2015. Delle due l’una: o si rivendica una decurtazione inferiore del TEP che valga per sempre, o si accetta un riassorbimento maggiore per una determinata durata. Non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca, perché si rischia che gli effluvi dell’alcol contagino il populista di turno. E poi dicono che è la USB a chiedere sempre il +1. Roba da matti…